Marrazzo si autosospende. I quattro fermati restano in carcere

di Redazione

Piero MarrazzoROMA.Il governatore del Lazio,Piero Marrazzo,si è autosospeso dallacarica alla luce dello scandalo del sexy video-ricatto che lo vede coinvolto.

“Sono consapevole – afferma il governatore in una nota – che la situazione ha assunto un rilievo pubblico di tali dimensioni da rendere oggettivamente e soggettivamente inopportuna la mia permanenza alla guida della Regione, anche al fine di evitare nel giudizio dell’opinione pubblica la sovrapposizione tra la valutazione delle vicende personali e quella sull’esperienza politico-amministrativa. Ho quindi deciso di auto-sospendermi immediatamente e a tal fine ho conferito al vicepresidente la delega ad assumere la provvisoria responsabilità di governo e di rappresentanza ai sensi della normativa vigente, rinunciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica. In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell’immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso – conclude – che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione”. “Si tratta – ha aggiunto – di una vicenda personale in cui sono entrate in gioco mie debolezze inerenti alla mia sfera privata, e in cui ho sempre agito da solo. Nelle condizioni di vittima in cui mi sono trovato ho sempre avuto come obiettivo principale quello di tutelare la mia famiglia e i miei affetti più cari. Gli errori che ho compiuto non hanno in alcun modo interferito nella mia attività politica e di governo”.

Scongiurate, dunque, le elezioni anticipate a gennaio, come auspicato dal centrodestra e come sarebbe avvenuto se Marrazzo si fosse dimesso oggi. Nel Lazio, dunque, si voterà a marzo. Chi sarà il candidato del centrosinistra è tutto da vedere.

“EXIT STRATEGY”. Per i vertici della Regione Lazio quella di sabato è stata una mattinata convulsa, aperta con una riunione tra i più stretti collaboratori politici di Piero Marrazzo alla presenza sia del vicepresidente della giunta regionale del Lazio Esterino Montino che del legale del governatore, Luca Petrucci. Una riunione per mettere a punto unastrategia che corregga la rotta intrapresa in un primo momento dal governatore, ovvero quella di non dimettersi e di concludere la legislatura (che scade tra155 giorni). Tra le ipotesi c’erano anche ledimissioni immediate da parte del governatore. Ma alla fine è stata scelta la soluzione più soft: restare “per senso del dovere”, soprattutto perché la Regione ha in campo questioni aperte del calibro del piano sanitario e del piano rifiuti, ma di fatto passare le consegne al vicepresidente Montino. In tal modo si è evitato il commissariamento e soprattutto al Pd di precipitare in campagna elettorale subito e di votare tra 90 giorni.

IL PRESUNTO RICATTO. Marrazzo, nonostante gli sviluppi e le indiscrezioni riportate dalla stampa, venerdì aveva definito “una bufala” la storia del video che lo ritrarrebbe con un trans all’interno di un appartamento e il ricatto che gli avrebbero fatto i quattro carabinieri arrestati, “pena” la divulgazione delle immagini. Il governatore ha dichiarato di non aver pagato i ricattatori. Ma esistono degli assegni, tre da 20mila euro ciascuno, sia pure non incassati. Anche il video esiste realmente ed è stato consegnato agli inquirenti dal maresciallo Antonio Tamburrino, uno dei quattro militari indagati (gli altri sono Luciano Simeone, Carlo Tagliente e Nicola Testini, i quali sarebbero stati aiutati nella ricerca dell’acquirente del video dal paparazzo Max Scarfone, diventatonoto un paio d’anni fa per aver fotografato il portavo­ce del governo Prodi Silvio Sircana mentre si avvicinava con l’auto a un transessuale. I quattro fecero un blitz nell’appartamento dove c’erano Marrazzo e il trans, e nelle immagini si noterebbe anche una striscia di cocaina su un ripiano. Marrazzo avrebbe deciso di pagare proprio per parua di essere arrestato a causa della presenza della droga. Bisogna ora capire chi abbia girato il video, se uno dei carabinieri o un altro trans presente in casa. Così come sarebbe reale la frequentazione conil trans, si chiama Natalie,chein un’intervista, oltre ad asserire di conoscere Marrazzo da sette anni,ha riferito che il presidente l’avrebbe chiamata venerdì “per tre volte” chiedendole di “non parlare con nessuno” in merito alla vicenda.

UNO DEGLI INDAGATI: “FORSE NON ERA LUI”. Intanto, nel corso dell’interrogatorio, lo stesso maresciallo Tamburrino ha messo in dubbio che la persona in quell’appartamento fosse realmente Marrazzo: “Forse il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, non c’era. Non sono sicuro che la persona che ho visto fosse lui. Forse era una persona somigliante”, ha detto il carabiniere indagato. Secondo quanto spiegato dal sui difensore, l’avvocato Mario Griffo, Tamburrino ha reso davanti al giudice, nell’interrogatorio di convalida, “spiegazioni ampie”. “Il dato importante dell’interrogatorio – ha detto il penalista – è che il mio assistito ha espresso dubbi sulla presenza di Marrazzo nel video a precisa domanda del giudice che voleva chiarimento in merito”. “Il mio cliente – ha aggiunto – ha avuto in questa vicenda un ruolo marginale e lo dimostrano anche le contestazioni che gli sono state fatte”. Durante la deposizione Tamburrino avrebbe detto di non essere salito nell’abitazione dove il filmatoè stato girato, di non saper nulla del tesserino intestato a Marrazzo, eche il cd contenente il filmato gliè stato dato da uno degli altri indagati.

I 4 CARABINIERI: “NOI VITTIME DELLA STESSA MACCHINAZIONE”. In serata il gip ha comunque deciso di trattenere i quattro indagati in carcere. La difesa dei militari è legata al fatto che sarebbero stati anche loro “vittime e pedine della stessa macchinazione” ai danni del presidente Marrazzo. Macchinazione ordita da chi sarebbe gerarchicamente “molto più in alto”. Hanno parlato ed elencato le operazioni antidroga sostenendo di essere “invisi e odiati” negli ambienti dei transessuali e dei tossici della zona a nord di Roma, dove si trova l’abitazione di Natalie, il trans che ebbe all’inizio di luglio in Via Gradoli, un incontro intimo con Marrazzo. A loro difesa hanno anche respinto l’accusa di aver danneggiato, come giustificato dal provvedimento di fermo emesso ai loro danni dalla procura di Roma, le auto della figlia e della ex moglie di Marrazzo. Il gip ha tuttavia confermato nell’ordinanza l’impianto accusatorio delineato nel provvedimento di fermo rilevando per i carabinieri infedeli il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove e la reiterazione del reato e quindi sostendo la necessita’ della custodia cautelare in carcere.

MARONI: “NON DEVE DIMETTERSI”. Commentando la vicenda, il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha affermato: “È una vicenda personale, non credo debba dimettersi”. Parlando a margine dell’Assemblea federale degli eletti nella Lega in Lombardia, il titolare del Viminale ha detto: “È una brutta vicenda, che mi addolora molto perché vede il coinvolgimento di 4 carabinieri. Stiamo verificando per capire cosa possa essere successo e per questo sono in contatto con il comandante generale dell’Arma”. “Dopo di che – ha aggiunto – essendo stato vittima di un ricatto, come ha detto lui, non credo debba dimettersi. Sono sempre dell’idea che la vita personale è personale e ognuno può fare ciò che crede”. “Se una persona subisce un ricatto – ha concluso – diventa vittima del reato quindi non può essere condannata. Bisogna condannare chi compie i reati. Però ci sono ancora lati oscuri della vicenda per i quali ci sta pensando la magistratura”.

CASINI E STORACE PRO DIMISSIONI. Di parere opposto il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini: “Non conosco i dettagli del caso Marrazzo se non da quello che ho letto sui giornali. Una cosa voglio dire con chiarezza: un uomo politico che cede a un ricatto deve smettere di fare politica, deve ritirarsi. Se ha ceduto a un ricatto, dico se – perché è giusto che usi il condizionale – allora ha terminato il discorso con la politica”. A favore delle dimissioni anche Francesco Storace, ex governatore del Lazio e segretario nazionale de La Destra: “L’articolo 44 dello statuto della Regione Lazio prevede che le dimissioni del presidente comportino lo scioglimento del consiglio regionale. Si proceda e si vada a votare rapidamente. Marrazzo si sottragga responsabilmente ad una vicenda molto triste e nel rispetto della legge elettorale ci porti alle urne a fine gennaio”.

DI PIETRO: “DUE ASPETTI DA CHIARIRE”. Per il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, “nella vicenda ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti al più presto”. “Il primo – dice l’ex pm – riguarda la posizione dello stesso governatore del Lazio. Marrazzo ha l’obbligo di dirci se è ancora in grado di governare la Regione o se si trova in uno stato di potenziale ricatto che gli impedisce di svolgere quel ruolo. In questo caso, come purtroppo temiamo, è necessario che rassegni subito le dimissioni. Il secondo aspetto riguarda l’umiliazione dell’Arma dei carabinieri che, a causa di alcune mele marce, si ritrova con la divisa sporca. Chiediamo che i carabinieri coinvolti siano sottoposti ad una pena esemplare. Di Pietro accusa poi “il sistema di dossieraggio, di veleni e veline che sta inquinando la vita politica italiana. È grave che, per sconfiggere l’avversario politico, vengano ordinati e costruiti appositi dossier. È un gioco sporco in cui si rischia il massacro, è un’operazione antidemocratica che azzera il confronto sul piano politico per dar spazio ai dossier. È una strategia mafiosa che va subito bloccata”.

LIBERTA’ E GIUSTIZIA: “MARRAZZO NON HA DENUNCIATO”. Non per i suoi gusti o pratiche sessuali, ma perché coinvolto in un brutto affare di ricatti e non ha denunciato il tutto alle autorità, Libertà e Giustizia ritiene che il presidente della Regione Lazio debba dimettersi”, commenta Libertà e Giustizia in un nota di Sandra Bonsanti. Rivolgendo un appello al Pd: “Un partito serio come annuncia di voler essere il Pd dovrebbe fare questa scelta ad alta voce e all’unanimità”.

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