“Un ragazzo qualunque”, l’opera di Piccolo recensita da Famiglia Cristiana

di Redazione

Un ragazzo qualunqueCASERTA. Con un ottimo riscontro di vendite e una prima edizione quasi esaurita, il romanzo di Carmine Piccolo, Un ragazzo qualunque, si rivela come un libro di piacevole lettura …

… che apre a importanti riflessioni sulla vita e la psicologia dei giovani, sempre più fragili e più soli, nella società del consumismo e della comunicazione di massa.

Il libro, oggi recensito da “Famiglia Cristiana”, è disponibile nei punti vendita Feltrinelli, Guida e su tutti i siti di bookshop on line, tra cui il sito della casa editrice www.edizionidea.it.

Strutturato in una forma diaristica che ricorda i romanzi epistolari del XVIII e XIX secolo – che spesso si chiudono con il suicidio del protagonista – e alternando flash back dell’infanzia alla triste e difficile quotidianità,l’opera dello scrittore originario di Casapesennaracconta, come lo stesso titolo lascia intendere, la storia di un ragazzo qualunque, di cui riusciamo a condividere tutti i pensieri, le disillusioni, ma anche il desiderio incontrollabile di cedere alle lusinghe delle speranze e dei sogni.

la recensione di Famiglia CristianaÈ un testo denso di umanità e di crudo realismo, tanto da aver suscitato l’interesse di don Antonio Mazzi, il quale, nella prefazione al romanzo, scrive:”Breve romanzo di formazione, Un ragazzo qualunque sembra alludere fin dal titolo alla storia di un giovane disilluso che non ha niente di eroico da proporci. Anzi, egli è impegnato a descrivere un’esistenza fatta delle cose di sempre: lavoro, famiglia, affetti. Eppure, interviene l’irreparabile a spezzare il ritmo impresso alle cose. Il licenziamento dal giornale comunicato freddamente, la scoperta di essere figlio adottivo, la perdita della donna lungamente amata sono altrettanti ‘episodi’ ai quali fa da contrappunto l’epifania di una giovane donna che egli non riesce a ‘fermare’, la vana ricerca dei suoi veri genitori, la richiesta del lavoro senza risposta. Tutto sembra sfuggirgli di mano. Insomma, l’oscillazione continua nel tessuto narrativo tra illusione e disincanto non dispiace: non bisogna pensare che sia un errore morale l’indugio sulla disperazione del personaggio. È, questo, un modo per contribuire alla conoscenza del negativo che è in noi e nella nostra società. Il punto di osservazione è quello di un giovane che patisce torti e sperimenta la crudeltà di un destino personale che sembra accanirsi contro di lui”.

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