PORT-AU-PRINCE. Gigliola Martino, 70 anni, è la prima vittima italiana accertata dopo il devastate del terremoto di Haiti.
Lo riferisce il quotidiano online La Gente d’Italia, diretto da Mimmo Porpiglia, già console onorario di Haiti in Italia. La donna, residente nellisola, era figlia di genitori italiani e nata nella capitale Port-au-Prince. E morta nellunico ospedale rimasto in piedi, per le gravi ferite riportate nel crollo della sua abitazione, dove viveva da sola con una badante e un garzone di servizio, a Bourdon, il quartiere residenziale che confina con Petionville, abitato prevalentemente da italiani, diventato oggi un cumulo di macerie.
Figlia di Aida Fiore e Nicola Martino, Gigliola – racconta La Gente d’Italia – non aveva voluto lasciare il paese neppure all’indomani della morte del marito Guy, barbaramente assassinato da quella stessa banda di delinquenti che il 7 agosto del 2006 l’aveva rapita all’alba, nella sua casa. Un sequestro a scopo di estorsione, ad opera di gang che ancora oggi infestano l’isola caraibica. Aveva resistito a tanti dolori Gigliola, prima la morte del figlio primogenito, scomparso per una malattia, poi quella del fratello Nicolas e infine l’uccisione del marito. Aveva resistito e non voleva lasciare il suo paese. Si occupava, dei suoi affari, nonostante l’età avanzata. Insieme con il figlio Riccardo, infatti, era proprietaria di un’impresa di pulizie.
Conosciutissima nella comunità francese ed haitiana, Gigliola Martino era una delle ultime italiane di Haiti. – scrive La Gente d’Italia – Un’italiana vera che continuava a parlare la lingua di Dante. Che faceva ancora la pasta in casa, che cucinava il ragù la domenica. Esponente di una delle due famiglie di oriundi più importanti dell’isola caraibica, i Caprio e i Martino presenti ad Haiti da oltre un secolo. Arrivarono insieme a Port-Au-Prince ai primi del 1900, Ernesto Caprio e Gennarino Martino. Dalla lontanissima Teora, piccolo centro della provincia di Avellino.
SI CERCANO ALTRI CONNAZIONALI DISPERSI. Intanto,preoccupa preoccupa la situazione degli altri italiani presenti al momento del sisma. I connazionali contattati in maniera diretta o indiretta e che sono in salvo ad Haiti, fa sapere il ministero degli Esteri, sono 130.Si teme inoltre per la sorte di due connazionali, un uomo e una donna, che erano ospiti dell’hotel Christopher di Port-au-Prince (sede della missione Onu) al momento del terremoto e che non sono stati rintracciati. Fiammetta Cappellini, operatrice di una ong, si trovava poche ore prima della scossa all’hotel Montana, uno degli alberghi più lussuosi della capitale spesso frequentato da europei, e ha riferito che c’erano “diversi italiani” ospiti. In totale nell’albergo c’erano circa 300 persone, 200 delle quali, secondo l’ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede Carl Henri Guiteau sono ancora sotto le macerie. “Ma non abbiamo notizie degli italiani” ha spiegato.
FRATTINI: “NECESSARIO COORDINAMENTO IN LOCO”. Da Addis Abeba, il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, ha anche affrontato il tema degli aiuti spiegando che per sostenere Haiti devastata dal terremoto, un intervento di emergenza che sia efficace deve necessariamente avere un coordinamento in loco. “E’ l’unico modo per coordinarci meglio: non possiamo fare ognuno per conto proprio e il coordinamento europeo è partito proprio in questo spirito. Ad Haiti c’è un coordinamento forte delle Nazioni Unite che hanno già parecchio personale. L’Unione Europea ha creato un raccordo costante, ventiquattr’ore su ventiquattro, con tutti i Paesi tra cui anche il nostro; e l’Unità di Crisi ha una sezione aperta a orario continuato alla Farnesina proprio per questa ragione”.