MILANO. Nell’ambito dell’inchiesta “Mediatrade-Rti” sulla compravendita dei diritti televisivi, il pm di Milano Fabio De Pasquale ha indagato anche Piersilvio Berlusconi, figlio del premier, già consigliere di amministrazione e vicepresidente della società.
Il reato contestato a Silvio Berlusconi è quello di appropriazione indebita, mentre per Piersilvio è ipotizzato quello di frode fiscale. In tutto sono 12 gli indagati, tra cui Fedele Confalonieri, il banchiere Paolo Del Bue, il produttore Frank Agrama, tre dirigenti di Mediaset e due cittadini di Hong Kong. Ora si attende la richiesta di rinvio a giudizio.
L’inchiesta è nata da uno stralcio da quella principale avvenuto nel 2007, anno in cui Berlusconi venne indagato per concorso in appropriazione indebita in concorso con altri. In precedenza, nel corso dell’indagine Mediaset, nell’ottobre 2005, la Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici di Rti, società controllata da Mediaset e che ha incorporato Mediatrade, la controllata del gruppo che dal 1999 aveva sostituito la maltese Ims nell’acquisto dei diritti tv. Sempre nell’ottobre di quell’anno, in Svizzera, venne sequestrata sui conti di una società con sede a Hong Kong, del produttore Agrama, ritenuto dagli inquirenti “socio occulto” di Berlusconi, una somma in franchi svizzeri equivalente a circa 100 milioni di euro.
Secondo gli inquirenti, sarebbero venute alla luce le modalità con cui le società televisive del gruppo Berlusconi avrebbero comprato i diritti per trasmettere i film dalle major americane: invece di contrattare direttamente i diritti ottenendo un prezzo più vantaggioso, le società di Berlusconi li avrebbero acquistati a un costo maggiore dalla Wiltshire di Agrama, il quale, a sua volta, li aveva acquisiti dalle case di produzione americane. La differenza tra quanto pagato dalla Wiltshire e l’esborso del gruppo Fininvest/Mediaset sarebbe, secondo l’accusa, su alcuni conti in paradisi fiscali: circa 34 milioni di dollari.
GHEDINI: “ENNESIMO PROCEDIMENTO ALLA VIGILIA DI ELEZIONI”. Il legale difensore del premier, Nicolò Ghedini, ritiene che “la Procura di Milano ancora una volta continua nella pervicace volontà di sottoporre a processo il presidente del Consiglio. Ed estendere l’incolpazione a Pierslivio Berlusconi, colpevole evidentemente di essere figlio di Silvio Berlusconi, è poi del tutto sconnesso da qualsiasi logica e da qualsiasi realtà fattuale. E’ l’ennesimo procedimento, che non potrà che risolversi in una declaratoria di insussistenza dei fatti, alla vigilia di una delicata competizione elettorale e proprio quando si stanno discutendo le riforme della giustizia non può non destare una straordinaria indignazione”.