Processo breve, Bersani: “Macchia indelebile”. Anm: “Resa dello Stato”

di Angela Oliva

Pierluigi BersaniROMA. “Una macchia indelebile”, così il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha definito il ddl sul processo breve varato, mercoledì dall’aula del Senato.

Ma Bersani assicura che sarà diverso per la votazione alla Camera dove il suo partito lotterà con forza contro il ddl sul processo breve: “Nel passaggio dal Senato a Montecitorio poi saranno più chiari gli effetti della legge e questo spero potrà favorire una riflessione per la maggioranza. Resterà una macchia indelebile anche se la battaglia riprenderà alla Camera. Al Senato mercoledì si è fatta la cosa peggiore che si poteva fare, ovvero distruggere la possibilità di giustizia per centinaia di migliaia di persone e cancellare centinaia di migliaia di processi per salvare una persona sola”.

Il leader del Pd ha parlato del ddl sul processo breve come “un palese tema di discriminazione” poiché il testo prevede una tempistica certa per i procedimenti che, secondo le forze di opposizione, è stato portato avanti con urgenza solo per dare modo al premier Silvio Berlusconi di beneficiarne e avrà come effetto la cancellazione di molti processi aperti.

Anche l’Anm ha fortemente criticato il ddl sul processo breve poiché come ha sottolineato il segretario del sindacato delle toghe si tratta di una resa: “Questa è la resa dello Stato di fronte alla criminalità. Noi abbiamo il dovere di denunciare la gravità delle conseguenze di questa legge. Si stanno mettendo in discussione le fondamenta dello Stato democratico”.

Ma il Ministro della Giustizia Angelino Alfano è tornato a parlare delle norme contenute nel ddl sul processo breve: “Non abbiamo intenzione di fare regolamenti punitivi o che rendano negletta la giustizia. Crediamo nell’autonomia e l’indipendenza dei magistrati, che sono soggetti solo alla legge, ma alla legge sì, e la legge la fa il Parlamento. I magistrati devono applicare la legge – ha spiegato il Guardasigilli – perché soggetti non al governo né al ministro, ma alle leggi del Parlamento, che esprime la sovranità popolare, la stessa in nome della quale i giudici emettono le sentenze. Non ci sono sovranità maggiori o minori”.

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