All’asta i beni di imprenditore che denunciò i Casalesi

di Redazione

 CASERTA. Denunciò nel 2008 il clan dei casalesi e fece arrestare cinque persone, tra cui Luigi Schiavone, cugino del boss Francesco “Sandokan” Schiavone.

Ora l’azienda agricola e le abitazioni dell’imprenditore Roberto Battaglia, di Caiazzo (Caserta), finiscono all’asta. A nulla è valsa l’istanza di proroga di qualche mese, presentata dal suo legale, in attesa dell’erogazione di un mutuo di 600mila euro deliberato in favore di Battaglia dal Commissariato nazionale anti-racket. Il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’ha respinta, e così il 9 febbraio i beni saranno venduti per debiti pregressi.

Battaglia ha rivolto un appello al ministro degli Interni Roberto Maroni, al premier Silvio Berlusconi (“un imprenditore come me”) ed alla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia per bloccare la procedura di vendita. Il perito del tribunale ha stimato in 350 mila euro il valore dell’azienda agricola, che produce latte e carne ed ha 30 dipendenti, contro la valutazione di 1 milione e 200mila euro del perito di parte. “Il modello Caserta sta funzionando benissimo contro la criminalità – afferma Battaglia – ma i giudici continuano a non tutelare in alcun modo gli imprenditori che denunciano, e l’ accordo quadro tra Confindustria e le banche è totalmente disatteso nonostante le raccomandazioni del governo”.

Tra i creditori dell’imprenditore vi sono quattro istituti di credito nazionali. Un quinto ha accettato una moratoria, aderendo all’accordo quadro con Confindustria. Nei giorni scorsi Battaglia ha denunciato di essere stato avvicinato da un emissario della criminalità organizzata che gli ha chiesto del denaro offrendosi di bloccare la procedura di vendita all’asta dei suoi beni.

ALTRO “IMPRENDITORE CORAGGIO” FINISCE SOTTO SFRATTO. Una sorte quasi analoga è quella di un altro imprenditore casertano, Angelantonio Iodice, che nel 1999 denunciò il racket. Per lui è stata fissata al 9 marzo l’esecuzione dello sfratto della sua villetta a Portico di Caserta. Il giudice del Tribunale sammaritano ha negato una nuova sospensione, richiesta dai legali dell’imprenditore in base all’articolo 20 della legge 44/1999 che prevede l’esclusione dalle procedure di pignoramento per i beni delle vittime della criminalità. “È inutile varare nuove leggi a tutela di chi denuncia la criminalità organizzata se poi la magistratura non le applica”, afferma Iodice.La sua impresa edile, che contava circa 200 dipendenti negli anni ’90, è attualmente ferma e senza commesse. Dopo aver contribuito all’arresto e alla condanna di alcuni esponenti dei clan camorristici Belforte, Bifone e Recale, l’imprenditore fu ferito a coltellate il 4 ottobre 2005 in un agguato alla Riviera di Chiaia, a Napoli.


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