Il Vesuvio fa paura a Bertolaso. “Allarme infondato” per Osservatorio

di Emma Zampella

 NAPOLI. “È la preoccupazione maggiore della Protezione Civile”: così Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, definisce la situazione di apparente quiete in cui si trova il Vesuvio, il vulcano che sovrasta il golfo di Napoli.

Vanno rivisti i piani di evacuazione per mettere in salvo la popolazione napoletana, perché se il vulcano dovesse eruttare anche la città di Napoli potrebbe rientrare nella zona rossa, essendo esposta al rischio. Ma secondo molti scienziati e geologi sono infondate le preoccupazioni di Bertolaso.

A parlare è il professor Sandro De Vita, vulcanologo e primo ricercatore presso l’Osservatorio Vesuviano, che commenta: Le frasi pronunciate ieri non stanno né in cielo né in terra. L’allarme lanciato da Bertolaso riguardava soprattutto il vulcano ischitano, il monte Epomeo, definito “il vulcano con il colpo in canna” dichiarazioni che hanno mosso l’ira del sindaco dell’isola, Giuseppe Ferrandino. Quanto al Vesuvio, il professore De Vita ritiene che la sua attività non desti preoccupazione. La pericolosità del Vesuvio è nota in tutto mondo, così come i danni che potrebbe arrecare ai comuni alle sue pendici. Per De Vita non ci sono segnali della ripresa attività del vulcano, come non ve ne sono per tutti gli altri sparsi in Campania. Il vulcanologo napoletano aggiunge: Sono d’accordo solo sulla questione dei piani di evacuazione, la cui organizzazione però spetta al Consiglio dei Ministri e alla Protezione Civile, ma parlar di pericolo imminente è assolutamente fuori luogo. Come a dire: tanto rumore per nulla.

Il motivo dell’allarmismo diffuso resta ancora oscuro, anche se si considera che lo stesso Bertolaso era nella commissione che ha fatto approvare il decreto “salva costruzioni abusive” che ha permesso, almeno fino alla fine del 2010, il blocco dello smantellamento delle costruzioni abusive per coloro i quali non hanno altre proprietà. Bertolaso sta facendo solo il suo lavoro o provoca allarmismi infondati, visto che le costruzioni abusive che primeggiano alle pendici del Vesuvio? L’allarme vulcano di recente era stato preceduto dall’allarme tsunami, lanciato presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Enzo Boschi, nell’area del Tirreno causato da un possibile cedimento delle pareti del vulcano sottomarino Marisili, in seguito ad un’eruzione. Dopo l’allarme sono stati stanziati da Palazzo Chigi 10 milioni di euro per il monitoraggio dei vulcani sottomarini vicini alle coste italiane.

A sentire i tecnici della Protezione Civile, la preoccupazione per il Vesuvio, che è in una fase di quiescenza da circa 66 anni, quando morirono 26 persone, il vulcano sarebbe in ritardo, per quanto riguarda la sua attività di eruzione, vista la periodicità in cui si sono avute la scorse eruzioni. L’ultima attività del vulcano risale al 1944, preceduta da un’ulteriore eruzione del 1929 e da una serie di scosse minori alla camera magmatica, circa 8, che si sarebbero verificate tra il 1855 e 1899. C’è chi vorrebbe mostrare la situazione sotto controllo, ma Bertolaso sovverte ogni piano e dice: Il Vesuvio sta bello tranquillo e speriamo che rimanga in questa situazione di quiescienza. Sappiamo anche che nel caso di un risveglio la situazione sarebbe drammatica”. Il capo della Protezione Civile non manca poi di esprimersi sulla vicenda del piano di evacuazione previsto proprio nell’area rossa: lo Stato aveva affidato fondi ai cittadini napoletani che vivevano alle pendici del vulcano per costruirsi una casa nuova di zecca e mettere in salvo se stessi, qualora il vulcano avesse eruttato. I fondi sono arrivati, la popolazione li ha presi per costruirsi una nuova dimora, affittando la vecchia, facendo crescere l’allarme e fallire il piano di evacuazione. Un circolo vizioso insomma, che Bertolaso definisce “fallimento totale”.

Almeno su questo versante non ha tutti i torti. Soldi spesi e spesi male. Il piano di emergenza, invece, è strutturato e consultabile sul sito della Protezione civile. “Prevede l’individuazione di tre zone di rischio. Quella di allerta massimo è la “rossa”: appena il vulcano sputa o sbuffa, si procede subito all’evacuazione nella zona gialla e alla predisposizione di un cordone di protezione attorno all’area di massimo rischio”. Della zona rossa, al momento, fanno parte 18 Comuni: Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma, Pollena Trocchia, Torre del Greco, Torre Annunziata, Boscotrecase, Boscoreale, Trecase, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Cercola, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano e Pompei” si legge sul sito della Protezione Civile.

“Nella fascia rossa ci sono attualmente 18 comuni abitati ufficialmente da 500mila cittadini, dunque diciamo almeno da 650-700mila – spiega il capo della Protezione Civile – Tutti questi sarebbero interessati da terremoti, colate piroclastiche, colate di cenere e fango che andrebbero ad interessare buona parte del territorio”. L’esplosione del vulcano, inoltre, “provocherebbe una colonna di fumo e lapilli alta fino a 20 chilometri e la caduta di cenere interesserebbe una zona compresa tra Salerno e quella al confine tra Lazio e Campania. Infine, al suolo ricadrebbero due metri di cenere per ogni metro quadro, facendo di fatto collassare molti edifici. Per evitare inutili allarmismi si tratta di scenari che non vanno presi per oro colato. Ed è per questo che abbiamo chiesto alla commissione di rielaborarli, in modo da vedere se bisogna allargare la zona rossa e predisporre piani di evacuazione per almeno un milione di cittadini, tra cui molti di Napoli”, conclude Bertolaso.

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