ROMA. Italo Bocchino, fedelissimo di Gianfranco Fini, dopo l’annuncio di lunedì, presenta le dimissioni da vicecapogruppo dei deputati del Pdl.
Ma l’ex pupillo di Giuseppe Tatarella è pronto a dare battaglia, chiedendola la convocazione del gruppo del Popolo della libertà a Montecitorio,e lancia la sfida al capogruppo Fabrizio Cicchitto, annunciando che presenterà la sua candidatura a capogruppo contrapposta allo stesso Cicchitto e a quella di altri.
“Caro Fabrizio, dopo quanto accaduto in direzione nazionale credo sia opportuno favorire un chiarimento all’interno del gruppo parlamentare, anche al fine di accogliere la richiesta di mie dimissioni reiteratamente avanzata dal presidente Berlsuconi attraverso te e a mezzo stampa”. Così esordisce Bocchino nella lettera inviata a Cicchitto. Per il finiano non ci sono alternative: “Il regolamento lega il destino del presidente e del vicario (simul stabunt simul cadent). Ti comunico che è mia intenzione avviare il percorso che porterà alla formalizzazione di queste dimissioni nell’assembela del gruppo che dovremo convocare per eleggere i nuovi vertici. Il regolamento lega il destino del presidente e del vicario ed è inevitabile il ricorso all’assemblea, cosa assai utile anche per favorire l’espressione democratica dei colleghi deputati e per dare la possibilità alla minoranza di contare le proprie forze”. “Prima di convocare congiuntamente l’assemblea del gruppo – continua Bocchino – ti prego di favorire un mio incontro con il presidente Berlusconi anche alla presenza del coordinatore Verdini affinchè si possa dar vita ad un chiarimento politico che faciliti il difficile percorso che il gruppo dovrà fare. Visto il rapporto che ci lega, ho il dovere di comunicarti che all’assemblea del gruppo presenterò la mia candidatura a presidente contrapposta alla tua o a quella di altri. Ciò non per distanza politica o personale da te, ma per consentire alla minoranza di esercitare il suo ruolo, di verificare le sue forze e conseguentemente di rivendicare gli spazi corrispondenti al suo peso”.
Lunedì, sul sito di Generazione Italia, Bocchino aveva affrontato lo scontro tra Berlusconi e Fini: “Dopo 16 anni circa di vita comune – ha scritto sul portale dell’associazione interna al Pdl – Berlusconi e Fini sono vicini alla rottura e gli scenari possibili sono quattro, come accade per i matrimoni: divorzio rovinoso, separazione consensuale, separazione in casa o ritorno alla vita coniugale. L’ultima ipotesi prevede che schiocchi la scintilla e ritorni l’amore. Mai dire mai, ma appare assai improbabile che accada. La prima è la peggiore perché il divorzio rovinoso sarebbe la fine del Pdl, del governo e della legislatura, con l’altissimo rischio di vedere la sinistra al governo nonostante la sua incapacità di avere consensi e di governare”. “Restano – scrive Bocchino – le ipotesi di separazione, con quella consensuale certamente meno traumatica del divorzio, ma comunque letale per il Pdl. Il nuovo partito del centrodestra, infatti, si fonda sulla convergenza tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, ma anche tra Berlusconi e Fini e l’assorbimento in maggioranza degli ex colonnelli di An serve come maquillage, ma non risolve i problemi che una rottura con Fini creerebbe a Berlusconi anche in termini di consensi per quel che il presidente della Camera rappresenta nel paese e nella destra e che in tempi brevi e medi non è rimpiazzabile”.
Secondo Bocchino, “resta una soluzione soltanto, la separazione in casa, che è poi una dinamica normale in ogni grande partito democratico. Vivere da separati in casa altro non è che dividersi in maggioranza e minoranza, con una veloce convocazione del congresso e regole certe per la convivenza, stabilendo con chiarezza che la minoranza non può sabotare partito e governo e che la minoranza ha diritto a veder dibattute le sue proposte nelle sedi di partito e a vedersi proporzionalmente rappresentata e tutelata negli spazi politici”. Adesso, scrive Bocchino, bisogna “costruire il grande partito democratico del centrodestra dove devono convivere sotto la leadership di Berlusconi due anime, una delle quali è la destra di Fini, attenta all’unità nazionale, alla coesione socio-economica, alla sicurezza, alla legalità, simile alle destre europee e occidentali e quindi attenta alle evoluzioni delle società moderne. La sfida è questa e spetta a Berlusconi accettarla – conclude – scegliendo tra la scorciatoia del partito carismatico e la strada più lunga e tortuosa, ma più fruttuosa, del grande partito plurale e democratico”.