Ddl intercettazioni, sit-in a Roma e critiche dagli Usa

di Emma Zampella

 ROMA. Negare il diritto all’informazione o tutelare quello alla privacy? Questo è il problema. E la discussione fuori e dentro il Parlamento continua destando polemiche e scatenando reazioni internazionali.

Il ddl sulle intercettazioni sta per passare in Senato con una modifica che pare debba renderlo più “leggero” nelle pene e nelle sanzioni previste per gli editori e i giornalisti. Questo però non pare rassicurare la categoria , né le fazioni politiche contrapposte che mantengono la linea dura contro il disegno di legge. C’è chi parla di bavaglio all’informazione, vista l’intenzione dell’emendamento di pene per gli editori responsabili della pubblicazione di notizie proibite sulle inchieste giudiziarie. La protesta parte sotto questo profilo dalla Fieg, la Federazione italiana editori e giornalisti, che considera le sanzioni un modo per tenere sotto pressione gli editori che rischiano in molti casi la sopravvivenza. Si tratta di un ulteriore intervento penalizzante per la categoria, già duramente colpita dalle recenti iniziative normative. La Fieg insiste per la loro eliminazione”, stabilisce il presidente Carlo Malinconico.

E a scendere in campo, spezzando una lancia a favore della professionalità di questa categoria, è anche il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo: “Condivido la linea degli editori, e ho visto anche come un editore importante e innovativo come quello di Sky, segnalino un’anomalia rispetto ad altri paesi europei. Quindi credo che ci sia la necessità di parlare e, da un lato, tutelare la privacy poiché la pratica delle intercettazioni non è più accettabile nei confronti dei singoli cittadini, e dall’altra però utilizzare lo strumento fondamentale in tante indagini e processi. Spero che con un po’ di buona volontà, mettendosi intorno ad un tavolo – ha aggiunto Montezemolo – si possa trovare una soluzione che vada bene anche agli editori”. Infatti a dire la sua è stato anche il gigante dell’informazione, Sky, che con la digitalizzazione del sistema televisivo ha cercato di andare al di là del duopolio, cercando di dare un’informazione al quanto obiettiva e oggettiva. Anche il colosso di Murdoch è contrario, in qualsiasi forma, al decreto legge in materia di intercettazioni, tanto che ha annunciato che chiederà un intervento a tutte le autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell’Uomo”. Ma la Fieg vuole mettersi al sicuro e organizza per il prossimo lunedì una riunione dei direttori delle principali testate giornalistiche per discutere del problema al grido di “La notizia prima di tutto, fermiamo la legge bavaglio”.

A confrontarsi sul tema saranno molti nomi del buon giornalismo tra cui Ferruccio De Bortoli, Mario Calabresi, Gianni Riotta, Ezio Mauro, Vittorio Feltri, Concita De Gregorio e Norma Rangeri. Quanto a Feltri, ovviamente non la manda a dire e in un suo editoriale fa sapere che la legge sulle intercettazione è “di un attentato alla libertà di stampa e non potrà passare al vaglio della Corte Costituzionale, mi auguro. Si parla di galera per i giornalisti ficcanaso, multe ingenti agli editori – prosegue Feltri – per fortuna non sono previste pene corporali. Ma gli effetti della disciplina saranno devastanti per la democrazia”. Ma a controbattere a queste “accuse” c’è Italo Bocchino che assicura che “ il testo del ddl è migliorato al Senato rispetto alla Camera, ma si può e si deve fare di più. La parte relativa all’uso delle intercettazioni nelle indagini è certamente condivisibile, anche siamo convinti che sia ancora perfettibile. È vero che vi è stato un abuso da parte dei magistrati, dato che tanti di essi hanno visto le intercettazioni come unico strumento di indagine. Eppure ancora oggi siamo convinti che ci troviamo dinanzi comunque a uno strumento utilissimo per affermare la Giustizia”.

A dar credito al lavoro dei giornalisti italiani c’è anche il sottosegretario degli Stati Uniti con delega alla criminalità organizzata internazionale Lanny A. Brauer, che considera importantissimo il lavoro degli addetti al settore informatico indispensabile per la lotta alle attività criminali. “L’Italia ha fatto grandi progressi nelle indagini e nel perseguimento di gruppi mafiosi operanti entro i suoi confini– ha detto il sottosegretario e aggiunge- siamo consapevoli che insieme possiamo fare di più e continueremo a discutere della solida partnership tra Stati Uniti e Italia in diverse indagini e procedimenti in corso. Spero vivamente che la mia presenza – la presenza del Dipartimento di Giustizia statunitense – alla cerimonia di domenica dimostri al popolo italiano e in particolare alle famiglie del giudice Falcone e del giudice Borsellino che gli Stati Uniti sono impegnati a fondo, oggi come non mai, per continuare a rendere onore a quanto ci hanno insegnato nella lotta contro la criminalità organizzata”, aggiunge il sottosegretario riferendosi all’incontro con il Procuratore antimafia Piero Grasso.

Ma anche la cittadinanza italiana vuole dire la sua sul tema in questione e allora il Popolo Viola la accontenta, installando in piazza Montecitorio una sorta di palco dove centinaia di cittadini, insieme a esponenti di Idv e Sel hanno così espresso la loro contrarietà alla cosiddetta “legge Bavaglio”, particolarmente applaudito l’intervento dell’ex garante della Privacy Stefano Rodotà. “Quello che sta accadendo è un cambiamento di regime – dichiara Rodotà – si sta toccando l’articolo 21 della Costituzione” mentre “la Corte europea dei diritti dell’uomo ha fatto sentenze che se fossero legge dovrebbero far vergognare chi ha scritto questa legge. Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Questa – sottolinea l’ex garante – è la democrazia”. E conlude: “Quando si attacca la possibilità di informazione dei cittadini si tocca uno dei cardini della democrazia”.

Ad alzare la voce è anche Silvia Bartolini che dalle pagine del profilo di face book del Popolo Viola dice: “Sulle pagine Facebook del Popolo Viola da giorni centinaia di cittadini stanno dando la propria adesione per essere intercettati, ribadendo la convinzione che se non hai scheletri negli armadi e rispetti la legalità non è un problema essere intercettati”.

E lanciata una provocazione c’è chi segue la linea: un’altra arriva dalla categoria dei giornalisti che dichiarano come fa sapere il presidente della Federazione nazionale stampa italiana, Roberto Natale, di scioperare: “Lo abbiamo già deciso,- annuncia Natale – ma faremo di tutto perchè non sia necessario arrivarci. Abbiamo già lanciato con la Fieg un appello comune: se questo non dovesse bastare non ci accontenteremo del carcere per i giornalisti ridotto da due mesi a un mese, ma arriveremo alla protesta dello sciopero”. “Se anche questo non basterà– continua il presidente della Fnsi – e il Parlamento dovesse approvare la legge, daremo copertura totale ai colleghi che praticheranno la disobbedienza professionale e civile. E un attimo dopo l’approvazione della legge andremo alla Corte Europea per depositare un ricorso che un collegio di nostri legali sta già preparando”.

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