Attacco alla Flottiglia di Pace, Turchia chiede punizione per Israele

di Redazione

Tayyip ErdoganLa Turchia chiede una severa punizione per Israele dopo l’attacco alla “Freedom Flotilla”, una piccola flotta di navi che consegnare aiuti ai palestinesi della Striscia, in cui sono morte una decina di persone.

Gli scontri si sono infatti verificati solo su una delle sei imbarcazioni, la Marmara, battente bandiera turca. “Il comportamento di Israele deve essere assolutamente punito” tuona da Ankara il premier Tayyip Erdogan, condannando il raid e l’uccisione di quattro turchi. La minaccia è forte: rottura delle relazioni militari ed economiche tra i due Paesi. “Nulla sarà più come prima nelle relazioni tra il nostro Paese e Israele. – ha aggiunto Erdogan – Nessuno deve mettere alla prova la pazienza della Turchia. È tempo per la comunità internazionale di dire basta e l’Onu non deve fermarsi davanti a una risoluzione che condanna Israele ma deve appoggiarla. Oggi è l’inizio di una nuova era e le cose non saranno più le stesse: non volteremo più le spalle ai palestinesi”.

A RISCHIO ALLEANZA ISRAELE-TURCHIA. Israele e la Turchia hanno da oltre dieci anni una forte alleanza militare ed economica. In particolare la Turchia acquista hardware militare da Ankara: nel 2009 l’interscambio ha raggiunto i 2,5 miliardi di dollari. Secondo quanto ha riferito il ministro dell’Energia, però questi legami starebbe per essere rivisti: “Abbiamo esaminato le dimensioni della nostra cooperazione energetica con Israele. È possibile che una decisione strategica venga presa dal primo ministro”.

APERTI VALICHI EGIZIANI. L’Egitto, intanto,ha ordinato l’apertura dei suoi valichi con la Striscia di Gaza, chiusi da quando Hamas aveva assunto il controllo delle forze di sicurezza del territorio nel 2007, per consentire il passaggio degli aiuti umanitari e sanitari. È stata autorizzata anche l’accoglienza dei palestinesi malati o feriti che vogliono farsi curare in Egitto. L’ordine è stato applicato a inizio pomeriggio, secondo fonti dei servizi di sicurezza. Nessuna durata è stata precisata anche se solitamente le aperture di Rafah, fra l’Egitto e Gaza, sono limitate a qualche giorno al mese.

GLI ITALIANI STANNO BENE. “Stanno bene”, ma Angela Lano “è la più provata”. A dare notizie sui sei attivisti italiani fermati dalle autorità israeliane a bordo della Flottiglia di Pace è il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi in missione in Israele e nei Territori dove ha incontrato il console italiano Gloria Belelli, e gli italiani nel carcere israeliano di Beer Sheva. I sei, oltre alla Lano,sono il tenore Giuseppe Joe Fallisi, Marcello Faracci, Manolo Luppichini, Manuel Zani e Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin (italiano di ascendenze arabe). Sono stati fermati dalle autorità israeliane dopo l’assalto alla flottiglia con gli aiuti per i palestinesi al largo di Gaza. Ci vogliono “tecnicamente” tre giorni – ossia il tempo necessario al giudice per emettere la sentenza di rimpatrio obbligatorio – affinché possano tornare in Italia, ha spiegato inoltre Stefania Craxi. Dei sei italiani fermati, solamente Ismail Abdel-Rahim, l’italo-palestinese, ha firmato per l’espulsione obbligatoria. Insieme al console Bellelli, nel carcere israeliano erano presenti tutte le rappresentanze diplomatiche dei paesi coinvolti che hanno deciso di intraprendere un’azione congiunta per recuperare i beni personali degli attivisti rimasti sulle navi. “Abbiamo deciso un’azione congiunta con tutte le rappresentanze consolari dei paesi coinvolti per recuperare i beni personali” ha dichiarato il sottosegretario agli Esteri. Per gli italiani, la Craxi ha garantito “la massima assistenza consolare coordinata con le rappresentanze dell’Unione europea e degli altri paesi coinvolti”. Intanto, il marito di Angela Lano, Fernando Lattarulo, ritiene che la moglie e gli altri attivisti siano “sotto sequestro”, dal momento che vengono trattenuti in carcere senza aver commesso nulla.

SCONTRO ALL’ONU.Tra l’Onu e Israele è scontro. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è rimasto riunito per oltre dodici ore a New York, ha condannato gli atti sfociati nella perdita di vite umane durante l’operazione israeliana contro la flottiglia di attivisti filo-palestinesi. Il Consiglio di sicurezza ha anche chiesto un’inchiesta “rapida, imparziale, credibile e trasparente” e il rilascio degli attivisti e delle loro imbarcazioni. Israele, sebbene non citato direttamente nella dichiarazione dell’Onu, ha replicato definendo “ipocrita” la condanna del Consiglio di sicurezza dell’Onu alle azioni che hanno portato alla strage sulle navi degli attivisti filo-palestinesi diretti a Gaza. Per il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, la dichiarazione è stata “precipitosa e non ha lasciato un tempo i riflessione per considerare tutti i fatti”. Per il portavoce israeliano si è trattato di “un riflesso condizionato basato unicamente su certe immagini televisive e su una certa dose di ipocrisia, non sulla conoscenza dei fatti”. Palmor ha anche spiegato che finora è stato difficile dare un nome ai nove morti nel blitz israeliano sulle navi perché gli altri attivisti si rifiutano di identificarli.

COMPROMESSO DURANTE CONSIGLIO ONU. I rappresentanti dei paesi membri del Consiglio Onu sono rimasti riuniti per oltre 12 ore prima di arrivare a una conclusione, frutto di una lunga e difficile mediazione. In particolare, sarebbero state distanti le posizioni della Turchia, assolutamente intransigente, e Stati Uniti, tradizionali alleati di Israele e orientati verso un documento più morbido. Grazie agli Usa, infatti, nella risoluzione non è apparsa alcuna condanna esplicita dell’assalto condotto dalla marina dello Stato ebraico. Nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha ribadito la sua condanna all’incidente, chiedendo che sia svolta un’inchiesta per fare luce sui fatti. Il capo della diplomazia turca ha detto che Israele ha “perso ogni legittimità internazionale”, commettendo un “grave crimine” in spregio a “tutti i valori che abbiamo giurato di difendere dopo la creazione delle Nazioni Unite”. La dichiarazione è stata approvata all’unanimità al termine di una seduta lunga oltre 12 ore, ed ha richiesto una lunga mediazione tra le richieste intransigenti della Turchia e la posizione più morbida degli Stati Uniti.

ONU: “A GAZA SITUAZIONE INSOSTENIBILE”. Il Consiglio Onu, inoltre, “sottolinea che la situazione a Gaza non è sostenibile” e ribadisce l’importanza di un’attuazione piena delle sue risoluzioni 1850 e 1860. Quest’ultima, che risale all’8 gennaio 2009, chiede che “siano forniti e distribuiti” aiuti umanitari a Gaza “senza alcun ostacolo”. Il Consiglio di sicurezza “sottolinea la necessità di un flusso sostenuto e regolare di beni e di persone verso Gaza, e della fornitura e distribuzione senza ostacolo di aiuti umanitari in tutto il territorio”. Infine, “il Consiglio esprime il suo sostegno ai negoziati indiretti” tra israeliani e palestinesi sotto l’egida degli Stati Uniti, “ed esprime la sua preoccupazione per il fatto che questo incidente si verifica proprio mentre queste discussioni sono in corso”. Il Consiglio “esorta le parti a dare prova di moderazione e ad evitare ogni atto unilaterale e di provocazione”.

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