POTENZA. “Vengono espressi in questi giorni giudizi spesso ingenerosi, talvolta sgradevoli circa le prime indagini che il magistrato Felicia Genovese ebbe a svolgere nel caso di Elisa Claps“.
E’ quanto dice all’Ansa l’avvocato Francesco Saverio Dambrosio, legale dell’ex pm, annunciando di aver già attuato azioni legale a tutela della reputazione del magistrato. “Ritrovato il cadavere di Elisa Claps – dice il legale – si é registrata un’anomala e non casuale ingravescenza di deliberate offese e calunnie da parte di chi è da tempo protagonista di una campagna denigratoria, posta in essere profittando del silenzio al quale il magistrato è tenuto per legge e per il rispetto del lavoro di un ufficio giudiziario ancora oggi impegnato su un caso non definito”. “Confido – conclude il legale – che le iniziative legali già intraprese nell’interesse della dottoressa Felicia Genovese trovino rapida soluzione e che le condotte diffamatorie vengano efficacemente perseguite”.
L’avvocato sottolinea che la dottoressa Genovese, che per prima indagò sulla scomparsa di Elisa , non tenne mai un atteggiamento “morbido” nei confronti di Danilo Restivo, oggi accusato dell’omicidio. “Giova ricordare – dice Dambrosio, – che la dottoressa Genovese richiese ed ottenne le intercettazioni ambientali a carico del Restivo nel carcere ove questi fu ristretto, disponendone l’isolamento; propose appello al Tribunale della Libertà di Potenza, allorché l’imputato venne posto agli arresti domiciliari dal Giudice che procedeva; quando Restivo venne condannato per il delitto di false informazioni al pubblico ministero ad una pena ritenuta ingiustificatamente mite, propose con successo appello avverso la sentenza di primo grado e la Corte di Appello di Potenza elevò la pena da otto mesi a due anni ed otto mesi”. “Non sfugga, infine – conclude il legale – che le imputazioni ‘azzardate’ (perché non sostenibili in dibattimento) portano inesorabilmente all’assoluzione ed alla impossibilità definitiva di un nuovo giudizio”.
GLI ABITI DI RESTIVO. La dottoressa Genovese, aggiunge l’avvocato,”assunse la diretta responsabilità” delle indagini sulla scomparsa di Elisa, avvenuta il 12 settembre 1993, “solo” due giorni dopo, quando la Squadra mobile ne riferì alla procura “con formale informativa”. Genovese, riferisce il suo legale, non dispose il sequestro degli abiti di Danilo Restivo, oggi accusato dell’omicidio, perché tale iniziativa appariva “tardiva” a 48 ore dal fatto e “incoerente con l’ultimo avvistamento di Elisa” fatto da un testimone; non dispose l’acquisizione di tabulati telefonici “perché non era tecnicamente possibile, essendo allora il distretto telefonico di Potenza servito da una centrale analogica. Allora, quando il prefisso non era necessario per le conversazioni urbane, era possibile controllare provenienza e destinazione del solo traffico successivo all’inizio delle operazioni di intercettazione”.
La nota del legale muove dalle critiche che di recente sono state mosse, anche dalla famiglia Claps, all’operato dell’ex pm. “La Polizia di Stato della Questura di Potenza – riferiscel’avvocato Dambrosio- ricevuta la denunzia della scomparsa di Elisa Claps alle ore 16 di domenica 12 settembre 1993, attivava preliminari indagini ed ipotizzava un’azione violenta nei confronti della Claps da parte di persone non identificate. Ne riferiva “nella mattina di martedì 14 settembre 1993 – precisa – con formale informativa alla procura della Repubblica di Potenza, ufficio giudiziario che solo da tale momento assumeva la diretta responsabilità delle indagini preliminari”. “La dottoressa Felicia Genovese, sostituto procuratore – prosegue D’Ambrosio – disponeva l’immediata iscrizione di procedimento penale contro ignoti per il delitto di omicidio volontario (n. 429/93/44). Venivano disposte, quel giorno stesso e d’urgenza, intercettazioni telefoniche anche dell’utenza fissa (la sola) in uso al Restivo”.
IL TESTIMONE. “Nel corso delle preliminari indagini della Polizia di Stato (e prima che se ne riferisse con informativa alla Autorità Giudiziaria), svolte in piena autonomia da esperti ufficiali di polizia giudiziaria, che per legge godono di ampi poteri di iniziativa nei casi di urgenza – aggiunge il legale – veniva accertato che Elisa Claps era stata vista alle ore 13,40 in via 4 Novembre, luogo in cui, ancora oggi, è possibile notare una targa commemorativa (dell’ultimo avvistamento), fatta apporre dalla Amministrazione Comunale di Potenza solo qualche anno fa. Infatti, nella tarda serata di lunedì 13 settembre 1993 un giovane studente (Giuseppe Carlone, ndr) riferiva all’ufficiale di p.g. Eufemia Vito di abitare nello stesso palazzo di Elisa Claps, di ben conoscerla, di averla superata e salutata in via 4 novembre; ne descriveva con esattezza i vestiti indossati e, soprattutto, dichiarava di essere certo dell’ora dell’incontro. Non venivano prospettati dagli esperti inquirenti elementi di perplessità sulla credibilità del giovane (le cui dichiarazioni vennero confermate il successivo mercoledì 15 settembre, quando venne specificamente risentito). L’ultimo avvistamento della Claps era dunque successivo al momento in cui il Restivo si fece medicare al pronto soccorso del locale ospedale”.
“Alla luce delle conoscenze di quel momento, con il cosiddetto ‘senno di allora’, – rileva il legale dell’ex pm Genovese – l’iniziativa di sequestrare gli abiti del Restivo, ove se ne fosse realmente ravvisata la necessità e l’urgenza, poteva ben essere esercitata dall’ufficiale di p.g. procedente; appariva tardiva a distanza di 48 ore dal fatto, incoerente con l’avvistamento della Claps successivo al ferimento del Restivo e pericolosa per l’utilità delle indagini (che in quel momento si valutò di sviluppare attraverso le intercettazioni”.