NAPOLI. In un affollato teatro Gloria di Pomigliano d’Arco (Napoli), i delegati ed i segretari nazionali, regionali e provinciali della Fiom hanno tenuto l’assemblea del sindacato per discutere della vertenza dei lavoratori dello stabilimento Giambattista Vico.
Presenti tra gli altri, i segretari nazionali, Maurizio Landini, accolto con applausi all’ingresso del teatro, e Giorgio Cremaschi. Quest’ultimo, poco prima dell’inizio dei lavori, ha sostenuto che la vertenza di Pomigliano “deve essere la grande lotta per tutelare il lavoro nel Mezzogiorno. Assieme al lavoro devono esserci i diritti, in quanto il lavoro senza diritti non può essere considerato tale”. Presenti, inoltre, delegati del gruppo Fiat di tutta Italia e di altri stabilimenti del settore metalmeccanico.
“NO AD ACCORDO”. L’assemblea ha approvato all’unanimità il documento nel quale si ribadisce il no del sindacato all’accordo, “così com’é, con la Fiat per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco” e l’avvio in questo mese ad una iniziativa itinerante che partirà da Termini Imerese per giungere alla fine a Roma alla presidenza del Consiglio dei ministri. Nel documento la Fiom ha inoltre ringraziato gli operai di Pomigliano “per non essersi piegati al ricatto della Fiat”. L’assemblea, infine, ha deciso che per il mese di luglio sarà messa in campo una iniziativa itinerante che partirà da Termini Imerese per toccare le maggiori piazze italiane, fino ad arrivare alla presidenza del Consiglio dei ministri.
“NESSUN PLEBISCITO, NE PRENDANO ATTO”. La Fiat voleva il plebiscito per il sì al referendum. Prendano atto della realtà”, ha detto Cremaschi, ritenendo che le ultime dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, dimostrano “che il governo sta facendo da megafono alla Fiat”. Cremaschi, che si è presentato all’incontro in stampella per un infortunio al ginocchio, ha infine sottolineato che la Fiat non può sostenere “che i lavoratori di Pomigliano debbano avere trattamenti peggiori di quelli polacchi”.
“PRONTI A RIAPRIRE TRATTATIVA, MA FIAT RISPETTI LEGGI”. Landini ha poi annunciato che la Fiom è pronta a riaprire la trattativa “se la Fiat rispetta le leggi”, sostenendo che il Lingotto “deve sciogliere il nodo per Termini Imerese in quanto la Fiom non è disposta ad accettare licenziamenti di massa dei lavoratori, in Sicilia come in Campania”. Il segretario generale della Fiom ha spiegato che proprio il sindacato è disposto ad una trattativa se la Fiat lo chiederà: “Con il contratto nazionale del lavoro – ha detto Landini – la Fiat può applicare i 18 turni ed io so benissimo di cosa parliamo, diversamente da molti altri che non hanno idea di cosa significa lavorare sulle catene di montaggio. Per riaprire la trattativa la Fiat deve eliminare dall’accordo le clausole che derogano il contratto e vanno contro le leggi e la Costituzione”. Landini, infine, ha annunciato che la Fiom è pronta a mettere in campo nuove iniziative di piazza in difesa dell’occupazione e dei lavoratori.
“SACCONI NON E’ SUPER PARTES”. “Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi non è super partes come dovrebbe essere”,ha sostenuto Landini nei confronti dell’esponente del governo che più di una volta ha dichiarato di essere disponibile ad intervenire nella vicenda di Pomigliano d’Arco se qualcuno glielo chiede. “Ma noi non glielo chiediamo in quanto Sacconi non è un ministro super partes – ha detto Landini – così come il governo che o é assente oppure, quando c’é, sostiene la Fiat e fa manovre che non stanno in piedi. Il governo faccia il suo mestiere e invece di sostenere che si vogliono agevolare i lavoratori che affronteranno a Pomigliano i turni notturni, agevoli le imprese in maniera differente. Ma non dia incentivi alle aziende senza condizioni, senza salvaguardare l’occupazione e i lavoratori così come hanno fatto in altri Paesi d’Europa”. Landini, poi, ha sottolineato che il governo “dovrebbe favorire le Regioni che, come la Sicilia per Termini Imerese, vogliono investire per salvaguardare l’occupazione”.
GRAVANO: “NON ACCETTIAMO LEZIONI DA LETTIERI”. “Valuteremo l’ultima relazione da presidente degli industriali di Napoli del dottor Gianni Lettieri in tutti i suoi aspetti. In merito alla questione degli sprechi, comprensibile e rispettabile, avremmo preferito che il dottor Lettieri avesse parlato degli sprechi della Mcm di Salerno o della Cd di Calitri”. E’ quanto afferma, in una nota, il segretario generale della Cgil Campania, Michele Gravano. “In merito alle valutazioni sulla vicenda Fiat di Pomigliano – aggiunge Gravano – la Cgil non accetta lezioni da chi è stato un puro testimone”. “Come detto – conclude – lavoreremo responsabilmente a far si che l’investimento venga mantenuto e si ricerchino soluzioni condivise sulle parti controverse dell’accordo che si sono materializzate nel No”.
FINANCIAL TIMES: “MOMENTO VERITA’ PER INDUSTRIA AUTO ITALIANA”. Per l’industria automobilistica italiana è arrivato il momento della verità. Lo afferma, in un editoriale, il Financial Times del 1 luglio, secondo cui l’Italia si trova come si trovava la Gran Bretagna trent’anni fa, quando la sua industria automobilistica venne “praticamente distrutta” da una prassi sindacale “fortemente conflittuale”. Secondo il Ft, “la situazione in Italia ora pare aver raggiunto un punto di non ritorno” dopo l’ “l’ultimatum ai sindacati”. Il giornale economico britannico ripercorre quindi le ultime tappe della trattativa su Pomigliano. “Uno stabilimento che – si legge – opera al 25% delle sue capacita”, dove “é diffuso l’assenteismo” e gli operai si assentano “non tanto per andare al mare quanto per fare un altro lavoro altrove”. Dopo il referendum, che ha visto un 36% di no al piano dell’amministratore delegato Marchionne, la Fiat, scrive Ft, “sente che il 62% della maggioranza non può garantire” il successo del piano. Questa volta, a differenza che in passato – sottolinea il Financial Times – “la Fiat non ha chiesto sussidi governativi al suo progetto”. E questo, si sottolinea, è un segnale nella nuova Fiat guidata da John Elkann. La Fiat – scrive ancora il giornale britannico – sta dicendo ai sindacati italiani e alla politica che “sta facendo di tutto per mettere l’Italia al centro della sua nuova strategia industriale, ma non ha intenzione di sacrificare il futuro del gruppo” dimostrandosi accomodante con “i capricci e le cattive prassi di un sistema del lavoro anarchico”. E se alla fine la Fiat dovesse decidersi a mettere in pratica la minaccia di delocalizzare le sue produzioni – conclude l’editoriale – “nessun Paese si sentirebbe di criticarla”.