ROMA. “Mi trovo mio malgrado trascinato in mezzo a uno tsunami mediatico-giudiziario di violenza inaudita, senza nessuna possibilità di potermi difendere compiutamente da una serie di ricostruzioni che definire fantasiose costituisce un eufemismo”.
Lo afferma in una nota il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, lamentando “il fiume di fango” che gli si è abbattuto contro dopo l’inchiesta dei magistrati romani che ha portato in carcere il faccendiere Flavio Carboni e altre due persone.
I tre presunti membri facevano parte di unassociazione segreta che secondo il giudice ha messo a repentaglio il corretto funzionamento delle istituzioni.Verdini, per il giudice, sarebbe “sodale” di Carboni, dellex assessore socialista al Comune di Napoli Arcangelo Martino e del geometra ed ex giudice tributario Pasquale Lombardi, unico incensurato del trio finito in carcere laltra mattina per violazione della legge anti-P2. Per i magistrati della Procura di Roma, Verdini “si pone, per la qualità e rilevanza del ruolo, per il suo ripetuto e diretto intervento in reciproco vincolo di solidarietà, per la condivisione dinteressi, come soggetto interno al sodalizio”.
Il coordinatore Pdl sottolinea di aver “perfino appreso da un quotidiano di essere indagato come membro di un’associazione segreta di cui non sono mai stato a conoscenza e di cui, conseguentemente, non ho mai fatto, né faccio, parte”. E spiega: “Mi sono state portate una o due volte a casa mia (e non otto come scrive un altro quotidiano) tutte insieme le tre persone arrestate ai sensi della legge Anselmi (in una di queste cene sarebbe stato presente anche il senatore Dell’Utri, ndr), e in quelle occasioni non si è mai parlato né del lodo Alfano, né di pressioni sul Csm o sulla Cassazione, né di candidature alla presidenza della Campania, né di qualsiasi fatto che abbia rilevanza penale, a cominciare proprio da questa fantomatica organizzazione segreta”. “Ancora oggi – prosegue Verdini – alcuni quotidiani continuano a parlare della banca che presiedo e di un fiume illecito di denaro (chi 8 milioni di euro, chi 4) depositati, transitati o negoziati presso il Credito cooperativo fiorentino. Notizia smentita più volte da me e dalla banca stessa, in quanto completamente falsa. Peraltro, la stessa ordinanza del gip di Roma conferma, come da indagini svolte presso il Ccf e il Giornale della Toscana, che sono stati fatti regolari versamenti con assegni circolari in più rate per complessivi 800mila euro, che servivano alla ricapitalizzazione della società che edita il quotidiano. Un’operazione del tutto trasparente, che nulla ha a che vedere con le calunniose illazioni riportate dalla stampa”. “Sono pronto a chiarire tutto davanti ai magistrati, quando riterranno opportuno convocarmi, nella speranza, probabilmente vana, che questo stillicidio di notizie in aperta violazione del segreto istruttorio cessi, che la verità venga finalmente acclarata, e che s’interrompa questo incredibile fiume di fango e di menzogne che viene quotidianamente riversato sulla mia onorabilità di uomo e di politico”.
Ma la presa di distanza da Verdini arriva anche all’interno del Pdl. Gianfranco Miccichè, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipe, intervenendo a Siracusa al convegno su Sud e federalismo, promosso da Liberamente attacca: “La nostra classe dirigente ha sconfitto la mafia e parecchi centri di illegalità. Un tempo nel Sud eravamo noi i farabutti, oggi non ce ne sono più da queste parti, anche grazie alle scelte di Prestigiacomo. Parliamoci chiaro: se ci sono questioni di classe dirigente nel Pdl, quelli che hanno i problemi sono Verdini, Brancher e Cosentino. Uno è del Sud, ma gli altri due sono del Nord, fino a prova contraria”.