FERRARA. La Guardia di Finanza ha scoperto circa 1200 imprese imprese tessili cinesi sparse sull’intero territorio italiano che avevano evaso il fisco per 250 milioni di euro in due anni, con Iva evasa per 45 milioni.
I militari delle Fiamme Gialledi Ferrara hanno individuato oltre 70 lavoratori cinesi clandestini, arrestati 2 imprenditori e denunciati altri 24 per reati legati all’immigrazione. I reati ipotizzati vanno dall’emissione all’uso di false fatture, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e lo sfruttamento della manodopera clandestina.
A tessere le fila del ramificato sistema di evasione fiscale erano 10 società cinesi con sede in Emilia Romagna, Toscana, Marche e Lombardia, la cui unica attività consisteva nell’emettere su ordinazione e con consegna a domicilio le fatture necessarie ad abbattere i redditi tassabili.
Gran parte delle imprese cinesi che utilizzavano fatture false per evadere il fisco (una con l’importo record di 309mila euro) si trovano nel centro nord.Tutti si avvalevano della collaborazione di giovani laureati immigrati di seconda generazione, nati in italia e perfettamente integrati, che hanno frequentato l’università e scelto le professioni contabili con una clientela esclusivamente composta da connazionali. Solo in un caso (in Emilia Romagna) uno degli studi contabili era intestato e diretto da un professionista italiano, mentre i 4 praticanti erano tutti cinesi (così come il 90% della clientela dello studio).
Secondo la ricostruzione dei finanzieri esisteva un vero e proprio tariffario delle finte fatture che andava da un minimo di 150 euro ad un massimo di 600 a seconda dell?importo segnato. Le fatture in alcuni casi sono arrivate ad indicare anche la cifra di 400mila euro.
L’operazione è cominciata all’inizio del 2008 da un normale servizio di controllo da parte dei militari della tenenza di Cento, in provincia di Ferrara di alcuni laboratori tessili situati tra Bondeno e Cento. Lo scenario che siè presentato ai finanzieriè sempre il solito: cittadini cinesi costretti a lavorare in luoghi chiusi e inaccessibili dall’esterno con camere da letto ricavate all’interno dei laboratori attraverso l’uso di pannelli di compensato e resti di cibo ovunque. Molti di loro non parlavano italiano e non sapevano neppure dove si trovavano. In un caso i dormitori degli operai cinesi erano stati ricavati in un angusto sottotetto di un laboratorio a cui si poteva accedere solo attraverso una botola nascosta sul soffitto di un bagno.
Controllando la documentazione trovataè poi emersa la maxi truffa. Dalle verificheè venuto fuori che alcune fatture sono state intestate ad aziende intermediarie che poi cedevano i manufatti cinesi anche a grandi firme della moda italiana. L’impressione degli inquirentiè che dovendo emettere delle fatture sul venduto, non potendo lavorare al nero, le ditte cinesi si sono organizzate creando le cartiere con le quali abbattere i ricavi e quindi l’imponibile da dichiarare al fisco. Un sistema illecito che rende queste imprese cinesi finite nel maxi blitz talmente competitive da sbaragliare qualsiasi forma di concorrenza da parte di chi paga regolarmente le tasse.