Camorra, Setola imponeva anche il caffè: 11 arresti

di Redazione

Giuseppe SetolaAVERSA. Il gruppo del boss Giuseppe Setola, tra le tante attività illecite, imponeva anche quale caffè dovevano vendere bar e supermercati dell’agro aversano e del litorale domizio, ovvero il “Caffè Nobis”.

Nella mattinata di martedì, gli agenti della Squadra Mobile di Caserta, diretti dal vicequestore Angelo Morabito, hanno eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare, dieci delle quali notificate in carcere a Setola e ad altri componenti della sua frangia: Salvatore Santoro, 23 anni; Gabriele Brusciano, 32, detto “Massimo”; Giuseppe Guerra, 42, Antonio Alluce, 34, Giovanni Letizia, 30, Bernardino Terracciano, 62, Davide Granato, 35, Pasquale Masciarella, 39 anni, e Raffaele Di Carlo, 36. L’unico che si trovava in stato di libertà era Giuseppe Nobis, 31 anni, da cui prendeva nome il marchio di caffè. Sono tutti indagati per estorsione aggravata dal ricorso al metodo mafioso ed al fine di agevolare l’organizzazione camorristica denominata “Clan dei Casalesi”, mentre Nobis anche per associazione a delinquere di stampo mafioso.

ESTORSIONE “MASCHERATA”. Le indagini hanno svelato una diffusa attività estorsiva posta in essere dal gruppo che consisteva nell’imposizione dell’acquisto di caffè a numerosi esercenti di bar del comprensorio, organizzata da Setola, durante il suo periodo di latitanza, ed attuata dai suoi più fedeli sodali, tra i quali Santoro, Nobis, Brusciano e Michele Barone, oltre che degli altri indagati che stabilmente si occupavano delle estorsioni per conto del gruppo. Si era costituito un vero e proprio marchio, “Caffè Nobis”, attivata partite iva per la commercializzazione all’ingrosso della miscela e creato una società ad hoc, al fine di dare una parvenza di legalità, tramite regolare fatturazione delle transazioni, ad un’attività che invece veniva condotta attraverso l’intimidazione degli imprenditori a cui veniva palesemente riferito che l’acquisto del caffè sarebbe stata “cosa gradita” a Setola.

Giovanni Letizia

Giuseppe Guerra

Salvatore Santoro

Giovanni Letizia

Giuseppe Guerra

Salvatore Santoro

Bernardino Terracciano

Gabriele Brusciano

Antonio Alluce

Bernardino Terracciano

Gabriele Brusciano

Antonio Alluce

Davide Granato

Pasquale Masciarella

Raffaele Di Carlo

Davide Granato

Pasquale Masciarella

Raffaele Di Carlo

L’IRRUZIONE NEL PRIMO COVO DI SETOLA.

L’attività investigativa traeva spunto dall’irruzione effettuata dalla Squadra Mobile di Caserta, il 25 ottobre 2008, in uno stabile di via Nevada 1, a Trentola Ducenta, che, come accertato in seguito, era stato il primo covo dove Setola si era rifugiato dopo la sua evasione da Pavia. L’immobile era stato affittato da Nobis e da questi utilizzato come deposito di caffè, ma costituiva anche una delle basi logistiche del gruppo stragista. Nell’abitazione venivano rinvenute decine di buste di caffè con il marchio “Caffè Nobis”, oltre a documenti contabili, fatture, elenchi di “clienti” e appunti attraverso i quali venivano individuati tutti i fiancheggiatori del latitante coinvolti nell’attività di imposizione dell’acquisto del caffè.

CAFFE’ “CIOFECA”. I conseguenti approfondimenti investigativi consentivano di appurare il pieno coinvolgimento dei destinatari della presente misura restrittiva in una attività estorsiva continua e capillare in una vasta area che ricomprendeva i comuni sotto l’influenza criminale del clan Bidognetti – Trentola Ducenta, Teverola, Frignano, San Marcellino, Lusciano, Aversa, Castel Volturno, Villa Literno, Cancello Arnone, Casal di Principe – praticata attraverso l’imposizione settimanale dell’acquisito di quantitativi di caffè, almeno una busta di 3 o 5 chili, al prezzo di 35 euro l’una. Le vittime, di fronte agli emissari del latitante, che si presentavano a suo nome, non avevano altra scelta che quella di cedere alle pretese dei camorristi, nonostante la pessima qualità del caffè, risultata inutilizzabile anche se miscelata ai soliti prodotti utilizzati dai baristi, molti dei quali, individuati dagli investigatori, hanno continuato a mantenere un atteggiamento omertoso e scarsamente collaborativo, anche perché, come accennato, l’estorsione era “mascherata” da una regolare fatturazione delle forniture.

Giuseppe Nobis

Giuseppe Nobis

LA “RETE TERRITORIALE”.

Quanto accertato dalla Squadra Mobile, comunque, trovava supporto nelle dichiarazioni convergenti di diversi collaboratori di giustizia, affiliati al clan Bidognetti e inseriti nella stessa frangia stragista di Setola, tra cui Oreste Spagnuolo, Francesco Diana, cognato di Michele Barone, Emilio Di Caterino, Giovanni Mola. Più recenti collaboratori di giustizia, quali Giuseppe Gagliardi e Massimo Amatrudi, fornivano elementi ulteriori sulle attività estorsive in argomento riguardo al territorio di Castelvolturno, Villaggio Coppola ed il litorale domitio, teatro dei più efferati crimini riconducibili al gruppo Setola e dove più profonda era la percezione della sua strategia stragista. Tutti, concordemente, hanno riferito in merito al ruolo svolto dagli indagati, le aree a loro assegnate nell’attività di imposizione del caffè, in particolare Giuseppe Guerra si occupava di Frignano e San Marcellino, Davide Granato, alias “Tonino ‘a minaccia”, di Castel Volturno, Salvatore Santoro, detto “Salvaturiello”, operava a Trentola Ducenta. Nobis, invece, titolare egli stesso di un bar a Trentola Ducenta, rappresentava la mente imprenditoriale di questa particolare attività estorsiva, infatti, come accennato, egli aveva costituito una apposita società, la “Interprice s.a.s.”, con sede ad Aversa, ed il marchio “Caffè Nobis”, per la commercializzazione del caffè, mentre Michele Barone, che aveva attivato una partita iva per il commercio all’ingrosso di caffè, ne era il braccio operativo che provvedeva alla materiale consegna delle buste ed all’incasso dei proventi che, poi, alimentavano la cassa del clan.

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