Negli Usa è stata eseguita la sentenza di morte nei confronti di Teresa Lewis, 41enne disabile mentale. Prima di ricevere l’iniezione, la Lewis ha chiesto se la figlia fosse presente.
“Quindi – ha spiegato il portavoce del carcere – ha detto di amarla e di essere molto dispiaciuta per lei”. Come ultimo pasto aveva chiesto pollo fritto, piselli al burro e torta alle mele.
La Lewis si era dichiarata colpevole di aver ordinato a due uomini, uno dei quali era il suo amante, di assassinare il marito e il figlio adottivo di lui, un ragazzo di 25 anni. Secondo l’accusa, aveva pianificato il crimine a sangue freddo per incassare i soldi dell’assicurazione sulla vita: fatto che le ha fatto assegnare dal giudice una responsabilità maggiore rispetto ai suoi due complici, condannati “solo” all’ergastolo. L’amante della donna, Matthew Shallenberger, che all’epoca aveva 22 anni, si suicidò dopo la condanna.
Gli avvocati della donna hanno sostenuto fino all’ultimo che Teresa fosse stata raggirata dai due complici, più astuti di lei, e che la donna soffrisse di un disturbo di personalità che la rendeva dipendente .I legali avevano persino presentato una lettera dei due uomini, i quali ammettevano di averla manipolata. Tra l’altro, la Lewis aveva un coefficiente intellettuale di 72, appena due punti sopra il limite legale per il quale un’esecuzione è incostituzionale (70 o meno).
Il caso aveva suscitato interesse in tutto il mondo e scatenato un’intensa campagna, che aveva fatto arrivare sul tavolo del governatore della Virginia, Robert McDonnell, quasiquattromila richieste di grazia, tra i quali anche quelli di rappresentanti dell’Ue e personalità come lo scrittore John Grisham o Bianca Jagger. Persino il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, aveva fatto riferimento alla polemica paragonando il suo caso a quello di Sakineh, la donna iraniana che rischia la lapidazione in Iran.