ROMA. Un uomo di 52 anni, Virgilio Nazzari, è morto lo scorso 23 settembre, nell’ospedale San Pietro – Fatebenefratelli, a Roma, dopo 36 giorni di agonia.
L’uomo era stato ricoverato per sottoporsi a una nefrectomia (l’asportazione di un rene sede di tumore). La procura indaga per omicidio colposo.
Ma l’intervento non era riuscito. Durante l’operazione è stata infatti chiusa un’arteria sbagliata cosa che ha provocato un processo necrotico irreversibile. I medici allora hanno tentato di salvare il 52enne e nei giorni successivi lo hanno riportato in sala operatoria per ben 5 volte. Ma nessuno dei 5 interventi è riuscito a salvarlo.
I familiari del paziente hanno presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma e il pm di turno, Paola Filippi, ha disposto l’autopsia sul corpo, eseguita martedì. Il medico legale incaricato, alla presenza del consulente dei familiari, ha accertato – rendono noto i legali della famiglia del paziente – che la necrosi era stata provocata “dall’incredibile quanto ingiustificabile chiusura dell’arteria mesenterica superiore, assolutamente estranea ad una simile azione chirurgica che interessa esclusivamente l’arteria renale”.
Omicidio colposo. Per questa ipotesi di reato la Procura di Roma ha aperto un fascicolo dinchiesta rispetto alla morte di Nazzari. Lindagine, allo stato, sarebbe ancora contro ignoti. Lautopsia, secondo quanto reso noto dagli avvocati della famiglia della vittima, avrebbe confermato che nel corso del primo intervento per la rimozione di un rene sede di tumore, sarebbe stata chiusa una arteria mesenterica. “Per questo nelle successive operazioni sono state eseguite altre asportazioni. E stato un processo necretico irreversibile”, si spiega. La denuncia è stata presentata dallavvocato Francesco Lauri, ha dato il via allaccertamento penale. “Allesame autoptico hanno partecipato i consulenti del pm, della parte offesa e dellospedale. E lindicazione è stata univoca – ha detto il penalista – e cioè che la prima operazione ha causato il danno. I successivi 36 giorni di vita sono stati una agonia”. Nazzari era titolare di un ristorante. Lavvocato Lauri è il presidente dellassociazione Osservatorio sanità.
BERGAMO: LITE IN SALA PARTO, BIMBA NASCE INVALIDA. Da Bergamo, intanto,un altro presunto caso di lite tra medici in sala parto.Unabimba nata è invalida agli Ospedali Riuniti di Bergamo dopo un presunto conflitto tra due dottoresse per decidere se intervenire o meno con un parto cesareo. Secondo il padre della piccola, Saimir Zekaj, 38 anni, operaio albanese che risiede da 16 anni in Italia, la moglie sarebbe stata lasciata ben due giorni in sala travaglio con dolori fortissimi. La bimba, nata al termine di una gravidanza tranquilla, è invalida praticamente al cento per cento e la madre non potrà più avere figli, a causa di lesioni all’utero. La Procura di Bergamo ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di lesioni colpose gravi per fare chiarezza sulla vicenda. Al momento il fascicolo è a carico di ignoti e non ci sono dunque medici indagati. La magistratura vuole fare luce su quanto è accaduto in sala parto, anche in seguito a una denuncia presentata dal padre della piccola. Pare infatti che prima del parto siano passate molte ore, anche a causa di una discussione tra due medici che erano in disaccordo sulla necessità di praticare alla madre il taglio cesareo. L’operazione avrebbe causato anche una lesione all’utero della donna, che ora non potrà più avere figli. Le ecografie effettuate durante la gravidanza non avevano mai evidenziato problemi. La bimba, secondo gli esami, era sana. Dal momento della nascita, invece, è totalmente invalida, cieca e viene nutrita attraverso un sondino. I genitori della piccola Samanta si sono affidati all’avvocato Roberto Trussardi, che ha annunciato anche l’avvio di una causa civile, con la richiesta di un risarcimento.
Ma gli Ospedali Riuniti smentiscono la lite tra i medici che, a Bergamo, hanno assistito la donna che ha dato alla luce una bimba invalida. Inoltre, secondo i Riuniti, “è inesatta la notizia che in seguito al parto la paziente abbia perso l’utero. Pur capendo il dolore della famiglia – si legge ancora nel comunicato – l’azienda ospedaliera smentisce fermamente che le condizioni della bambina siano imputabili a un contrasto fra gli operatori”.