ROMA. È “opportuno” che l’esame dei disegni di legge in materia elettorale prosegua in Senato. Renato Schifani, di fatto, respinge la richiesta di Gianfranco Fini.
Il presidente della Camera aveva scritto martedì alla seconda carica dello Stato, affermando che alla luce del “significativo carico di lavoro che grava attualmente sulla commissione Affari Costituzionali del Senato e coerentemente con lo spirito dell’intesa già assunta all’inizio della legislatura, la priorità della trattazione della materia elettorale” dovrebbe essere “riservata alla Camera”.
Due giorni dopo arriva la risposta di Schifani. Il presidente del Senato ritiene opportuno che “l’esame dei disegni di legge in materia elettorale debba proseguire presso la Commissione affari costituzionali del Senato. Questa, infatti, fin dal 22 dicembre 2008 ha avviato per prima la trattazione della materia su due disegni di legge di iniziativa popolare sottoscritti da diverse migliaia di cittadini, ed estendendo in seguito l’esame alle numerose proposte di iniziativa parlamentare”.
Schifani ricorda poi come “il 2 dicembre dello scorso anno l’Assemblea di Palazzo Madama abbia approvato una mozione della senatrice Finocchiaro ed altri, nella quale si contemplava la materia elettorale tra quelle da includere nel novero delle possibili riforme istituzionali, attualmente all’esame del Senato”. Infine, in relazione alle osservazioni avanzate dalla Camera in merito a un riequilibrio dei carichi di lavoro tra le omologhe Commissioni affari costituzionali dei due rami del Parlamento, il presidente del Senato assicura il presidente della Camera “di aver avuto ampie garanzie dal presidente della Commissione affari costituzionali, sulla possibilità di proseguire nell’esame della legge elettorale”.
Fini avrebbe commentato con i suoi stretti collaboratori la lettera di Schifani: “È ineccepibile la risposta del presidente del Senato nell’ambito del leale rapporto di collaborazione tra i due rami del Parlamento. – avrebbe dichiarato. – Ma è altrettanto evidente che c’è una questione politica, perché risulta difficile pensare che il Senato manderà avanti davvero la riforma della legge elettorale”.