LISBONA. Via libera da parte del vertice Nato alla strategia di transizione in Afghanistan che partirà all’inizio del 2011 e ha come obiettivo il riconsegnare la sicurezza “di tutte le province” del Paese alle forze locali “entro la fine del 2014”.
Lo si legge nel documento finale della riunione Isaf di stamani a Lisbona alla presenza del presidente afghano Hamid Karzai di cui si è avuta un’anticipazione. La strategia di uscita dall’Afghanistan, con l’obiettivo di passare alle autorità locali la responsabilità militare, è il tema dominande della seconda sessione di lavoro del summit dell’Alleanza atlantica che vede, appunto, nel ruolo di protagonista il capo dello stato afghano Hamid Karzai. La riunione è allargata ai 20 paesi non Nato che con i 28 stati dell’Alleanza atlantica partecipano alla missione Isaf in Afghanistan, e al segretario Onu Ban ki-Moon.
LE TRE CONDIZIONI.La Nato, nel ribadire il proprio sostegno al processo di riconciliazione in Afghanistan, ha anche posto tre condizioni. Nel documento si legge: “Continuiamo ad appoggiare gli sforzi guidati dagli afghani per riconciliare e reintegrare quei membri dell’insorgenza che rinunciano alla violenza, tagliano i legami con i terroristi e accettano la Costituzione afghana”. Nello stesso testo si sottolinea l’importanza che l’Afghanistan “rispetti i suoi obblighi costituzionali e internazionali sui diritti umani, in particolare delle donne”.
IL RUOLO DELL’ITALIA.L’Italia è rappresentata a Lisbona dal premier Silvio Berlusconi, accompagnato dai ministri degli esteri e della difesa Franco Frattini e Ignazio La Russa. E proprio all’Italia ha rivolto un pensiero il presidente americano Barack Obama che ha ringraziato il presdente del consiglio per l’impegno delle nostre truppe sul territorio afghano. Intervenendo nella seconda giornata del vertice della Nato Obama ha citato il premier italiano e il primo ministro canadese Stephen Harper. Il presidente americano ha ringraziato Berlusconi per “la leadership italiana” facendo riferimento soprattutto all’attività degli addestratori in Afghanistan. Obama, riferiscono fonti della delegazione italiana, ha sottolineato che Berlusconi e Harper stanno riuscendo a fare la differenza sul campo.
L’ANNUNCIO DI BERLUSCONI.“L’Italia è presente in Afghanistan fin dall’inizio – ha fatto notare lo stesso Silvio Berlusconi – e ultimamente ci è stato chiesto dal presidente americano Obama e dal segretario generale della Nato Rasmussen un aumento del numero degli addestratori. Aumenteremo questo numero di altri duecento”. Poi una rassicurazione a Karzai: “Anche dopo il 2014 saremo vicini al vostro Paese affinchè gli sforzi che tutti insieme abbiamo fatto abbiano effetti duraturi”. E ancora: “Ai nostri uomini e donne in Afghanistan abbiamo dato la missione di avere una grande attenzione nei confronti della popolazione: non solo di garantire la sicurezza sul territorio, ma anche dare supporto alla popolazione e aiuto per la realizzazione delle infrastrutture, soprattutto ospedali e scuole”.
SCADENZE E PROSPETTIVE.La strategia di uscita, almeno parziale, dall’Afghanistan che il vertice deve delineare dovrebbe indicare la fine del 2014, come chiesto dal presidente Karzai, come obiettivo per il completamento del passaggio delle consegne sul terreno militare agli afghani. Il segretario Nato Anders Fogh Rasmussen ha però chiarito ieri che “truppe internazionali” rimarranno anche “dopo il 2014, però non con una missione di combattimento, bensì di appoggio, che comprenderà la formazione delle forze di sicurezza afghane”. Barack Obama inoltre ha indicato che gli Usa e la Nato “non abbandoneranno gli afghani a loro stessi” dopo il 2014.
LA QUESTIONE RUSSA.Nel pomeriggio i leader alleati hanno in programma un incontro con il presidente russo Dimitri Medvedev, con il quale la Nato punta, dopo le tensioni innescate due anni fa dalla crisi georgiana, a una nuova partenza nelle relazioni di cooperazione, anche sul fronte della difesa anti-missili, sulla quale i 28 ieri hanno raggiunto un accordo. In chiusura è previsto oggi un vertice bilaterale Ue-Usa, con la partecipazione per parte europea dei presidenti della Commissione e del Consiglio Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, e per gli Stati Uniti del presidente Barack Obama.