VILLA LITERNO. Sei ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite la scorsa notte dalla Squadra Mobile di Caserta, coordinata dalla Dda di Napoli, contro la fazione Bidognetti del clan dei Casalesi.
Gli indagati sono tutti gravemente indiziati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione continuata: Giuseppe Setola, il boss dell’ala stragista dei casalesi, già in carcere al 41bis; Vincenzo Catena, alias O Scimmione, 29 anni; Esterino Antonucci, alias Rino Biscotto, 40; Carlo Di Raffaele, 36; Michele Di Fratta, alias Michelone, 37; Roberto Zampella, alias O Pucino, 33.
Lindagine, condotta dalla Squadra Mobile di Caserta, guidata dal vicequestore Angelo Morabito, ha permesso di disarticolare la frangia liternese del gruppo Bidognetti, svelando una serie impressionante di estorsioni praticate in modo capillare e sistematico sul litorale domitio e nel comprensorio di Villa Literno. Infatti, sono state individuate decine di aziende, dei settori più disparati – caseifici, pescherie, allevamenti ittici, depositi di fuochi dartificio, imprese di costruzioni, rivendite di materiale edile, panifici, ditte di autotrasporto, rivendite di prodotti ortofrutticoli, distributori di carburante – vessate dalle pretese estorsive dei Casalesi.
Vincenzo Catena |
Esterino Antonucci |
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Michele Di Fratta |
Carlo Di Raffaele |
Roberto Zampella |
Le indagini avevano inizio nel dicembre 2008, quando, nel corso di un normale controllo, una pattuglia della polizia sequestrava a Vincenzo Catena, ritenuto organico al clan dei casalesi, due fogli manoscritti sui quali, scirtta a mano, era riportata una lunga lista delle denominazioni di oltre trenta aziende, a fianco di ciascuna delle quali era indicata una cifra che, come accertato in seguito, corrispondeva al rateo estorsivo versato o da versare. Dopo poche settimane, lo stesso Catena veniva colpito da un provvedimento di fermo per tentata estorsione aggravata, a seguito delle indagini condotte dalla Squadra Mobile sulle aggressione subite, in due momenti diversi, da un dipendente, ritenuto poco sollecito a riferire al suo datore di lavoro le ambasciate dei camorristi, e dal titolare di un deposito di fuochi di artificio di Villa Literno, che si era rifiutato di pagare per le difficoltà economiche in cui versava e anchegli inserito nella lista sequestrata.
La Squadra Mobile, in seguito, appurava che gli esattori del clan si presentavano alle loro vittime in nome e per conto del boss Giuseppe Setola, pretendendo per gli amici somme variabili dai 1000/1500 ai 10mila euro, secondo il giro daffari e la floridezza economica delle aziende, e che i ratei estorsivi dovevano essere versati alle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto. Il 50% delle somme incassate, poi, doveva essere consegnato a Setola, allora latitante e oggi in carcere al 41bis, anchegli destinatario di uno dei provvedimenti restrittivi eseguiti dalla polizia, mentre la metà residua veniva utilizzata per gli stipendi degli affiliati del gruppo locale.
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