ROMA. “Chiedo perdono alla famiglia del piccolo Giuseppe Di Matteo e a tutta la società civile che abbiamo violentato e oltraggiato”.
Così, visibilmente commosso, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, deponendo al processo per il sequestro e l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, si è rivolto ai familiari del bambino e alla Corte d’assise. Giuseppe venne rapito per indurre il padre Santino, pentito, a ritrattare le sue accuse. Dopo circatre anni di prigionia venne strangolato e sciolto nell’acido.
“Noi siamo moralmente responsabili – ha aggiunto Spatuzza – della fine di quel bellissimo angelo a cui abbiamo stroncato la vita. Anche se non l’abbiamo ucciso io e i miei coimputati siamo colpevoli del sequestro, ma anche della morte del ragazzino e ne daremo conto, non solo in questa vita, ma anche domani dove troveremo qualcuno ad aspettarci”. “L’abbiamo legato come un animale e l’abbiamo lasciato nel cassone di un furgoncino Fiorino. Lui piangeva, siamo tornati indietro perché ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo”.
È il racconto del pentito Spatuzza delle drammatiche fasi del sequestro del piccolo Giuseppe, figlio del collaboratore di giustizia, Santino, rapito il 23 novembre del 1993 e ucciso dopo 779 giorni di prigionia. Dopo il sequestro, il ragazzino venne portato a Lascari dove il gruppo di fuoco di Spatuzza lo lasciò ai mafiosi che si sarebbero dovuti occupare di nasconderlo. Ma i carcerieri non erano pronti a prenderlo in consegna e dissero a Spatuzza e al boss Cristoforo Cannella di lasciarlo in un Fiorino, legato, in un magazzino a Lascari. Spatuzza e gli altri però non volevano. “Ne è nata una discussione con Cannella – ha detto – ma alla fine obbedimmo”. Il bambino, terrorizzato, piangeva. “Ci chiamò dicendo che doveva andare in bagno – ha aggiunto – ma non era vero. Aveva solo paura. Allora tornammo indietro per rassicurarlo e gli dicemmo che ci saremmo rivisti all’indomani, invece non lo rivedemmo mai più”.
Al processo sono imputati, con l’accusa di sequestro di persona e omicidio, oltre a Spatuzza, il capomafia di Brancaccio Giuseppe Graviano, il boss trapanese latitante Matteo Messina Denaro e i mafiosi Francesco Giuliano, Luigi Giacalone e Salvatore Benigno. Il dibattimento si svolge davanti alla corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto. Spatuzza, mai indagato per il rapimento, che avvenne ad Altofonte a novembre del 1993, si è autoaccusato di aver partecipato alle prime fasi del sequestro e ha coinvolto Graviano e gli altri imputati consentendo l’apertura del nuovo processo per la vicenda del piccolo Di Matteo. Altri due dibattimenti sono stati celebrati a carico di capimafia e carcerieri.