Napolitano: “Scommettiamo sui giovani, diamogli opportunità”

di Redazione

Giorgio NapolitanoROMA. “Dedico questo messaggio ai giovani, perché i problemi che essi sentono per il futuro sono gli stessi dell’Italia”.

Così ha esordito il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo discorso di fine anno. Il capo dello Stato ha ribadito la sua “preoccupazione per il malessere diffuso tra i giovani”, “l’esigenza di uno spirito di condivisione delle sfide che l’Italiaè chiamata ad affrontare”,e “l’esigenza di un salto di qualità della politica”.

“Incontrando di recente, per gli auguri natalizi, i rappresentanti del Parlamento e del governo, delle istituzioni e dei corpi dello Stato – ha proseguito Napolitano – ho espresso la mia preoccupazione per il malessere diffuso tra i giovani e per un distacco ormai allarmante tra la politica, tra le stesse istituzioni democratiche e la società, le forze sociali, in modo particolare le giovani generazioni. Ma non intendo tornare questa sera su tutti i temi di quell’incontro. Ribadisco solo l’esigenza di uno spirito di condivisione – da parte delle forze politiche e sociali – delle sfide che l’Italia è chiamata ad affrontare; e l’esigenza di un salto di qualità della politica, essendone in giuoco la dignità, la moralità, la capacità di offrire un riferimento e una guida”.

Il presidente non ha mancato quindi di richiamare la politica e le istituzioni ai loro doveri, ma gli errori commessi sin qui, fa capire, non possono diventare un comodo alibi. “A questo riguardo – ha ammonito – voi che mi ascoltate non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi, in quanto potete animarla e rinnovarla con le vostre sollecitazioni e i vostri comportamenti, partendo dalle situazioni che concretamente vivete, dai problemi che vi premono. Siamo stati anche nel corso di quest’anno 2010 dominati dalle condizioni di persistente crisi e incertezza dell’economia e del tessuto sociale, e ormai da qualche tempo si è diffusa l’ansia del non poterci più aspettare – nella parte del mondo in cui viviamo – un ulteriore avanzamento e progresso di generazione in generazione come nel passato”.

Quasi a voler spazzare il campo da un altro possibile alibi usato spesso per accettare supinamente lo status quo, Napolitano ricorda che malgrado queste difficoltà “ciò non significa che si debba rinunciare al desiderio e alla speranza di nuovi e più degni traguardi da raggiungere nel mondo segnato dalla globalizzazione”. Per affrontare le nuove sfide il capo dello Stato indica quindi due risorse: orgoglio e consapevolezza del passato. Parlando della corsa, che a volte sembra spaventarci, di paesi come Cina, India o Brasile, Napolitano ha ricordato che “innanzitutto è conquista anche nostra, è conquista della nostra comune umanità il rinascere di antiche civiltà, il travolgente sviluppo di economie emergenti, in Asia, in America Latina, in altre regioni “. Orgoglio che si deve trasformare in fiducia che “è in effetti possibile un impegno comune senza precedenti per fronteggiare le sfide e cogliere le opportunità di questo grande tornante storico”.

Davanti alla grandezza e all’importanza di questa sfida il pensiero del presidente della Repubblica torna quindi ai giovani. “Da questo scenario – ha sottolineato – non possono prescindere i giovani nel porsi domande sul futuro. Non possono porsele senza associare strettamente il discorso sull’Italia e quello sull’Europa, senza ragionare da italiani e da europei. Molto dipenderà infatti per noi dalla capacità dell’Europa di agire davvero come Unione: Unione di Stati e di popoli, ricca della sua pluralità, e forte di istituzioni che sempre meglio le consentano di agire all’unisono, di integrarsi più decisamente. Solo così si potrà non solo superare l’attacco all’Euro e una insidiosa crisi finanziaria nell’Eurozona, ma aprire una nuova prospettiva di sviluppo dell’economia e dell’occupazione nel nostro continente, ed evitare il rischio della sua irrilevanza o marginalità in un mondo globale che cresca lontano da noi”.

Nonè mancatoun invito al realismo. “Nelle condizioni dell’Europa e del mondo di oggi e di domani”, ha avvertito, non “si può aspirare a certezze che siano garantite dallo Stato a prezzo del trascinarsi o dell’aggravarsi di un abnorme debito pubblico. Quel peso non possiamo lasciarlo sulle spalle delle generazioni future senza macchiarci di una vera e propria colpa storica e morale”.

Napolitano è tornato quindi sul senso di precendi messaggi alla classe politica e al Paese. “Ma affrontare il problema della riduzione del debito pubblico e della spesa corrente, così come mettere mano a una profonda riforma fiscale, vuol dire compiere scelte significative anche se difficili. Si debbono o no, ad esempio – si è chiesto retoricamente – fare salve risorse adeguate, a partire dai prossimi anni, per la cultura, per la ricerca e la formazione, per l’Università? Che questa scelta sia da fare, lo ha detto il Senato accogliendo espliciti ordini del giorno in tal senso prima di approvare la legge di riforma universitaria”. “Una legge il cui processo attuativo, colgo l’occasione per dirlo a coloro che l’hanno contestata – ha proseguito rivolgendosi ancora una volta agli studenti – consentirà ulteriori confronti in vista di più condivise soluzioni specifiche, e potrà essere integrato da nuove decisioni come quelle auspicate dallo stesso Senato”.

Onde evitare qualsiasi possibilità di attrito con palazzo Chigi, Napolitano ha quindi ribadito: “Vorrei fosse chiaro che sto ragionando sul da farsi nei prossimi anni ; giudizi sulle politiche di governo non competono al Capo dello Stato, ma appartengono alle sedi istituzionali di confronto tra maggioranza e opposizione, in primo luogo al Parlamento”. Il richiamo del Quirinale si è rivolto quindi al settore dell’impresa, al quale ha ricordato che “abbiamo, così, bisogno non solo di più investimenti pubblici nella ricerca, ma di una crescente disponibilità delle imprese a investire nella ricerca e nell’innovazione”.

Il discorso si è fatto ancora più ampio, sottolineando come per rendere l’Italia competitiva e adeguata al contesto internazionale e ai tempi non è comunque sufficiente semplicemente aprire i rubinetti dei finanziamenti. Occorre bensì una riforma più vasta del Paese che “richiede coraggio politico e sociale, per liberarci di vecchie e nuove rendite di posizione”, e occorre “riconoscere e affrontare il fenomeno di disuguaglianze e acuti disagi sociali che hanno sempre più accompagnato la bassa crescita economica almeno nell’ultimo decennio. Disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Impoverimento di ceti operai e di ceti medi, specie nelle famiglie con più figli e un solo reddito. E ripresa della disoccupazione, sotto l’urto della crisi globale scoppiata nel 2008”. “Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l’Italia: ed è in scacco la democrazia”, ha insitito.

Il dibattito politico sulle difficoltà politiche del Paese è stato spesso negli ultimi tempi un confronto tra “ottimisti” e presunte “cassandre”, ma il punto di vista del capo dello Stato è chiaro e sembra spezzare una lancia a favore di questi ultimi. “Proprio perché non solo speriamo, ma crediamo nell’Italia, e vogliamo che ci credano le nuove generazioni – ha ammonito Napolitano – non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo. C’è troppa difficoltà di vita quotidiana in diverse sfere sociali, troppo malessere tra i giovani. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare: proprio per poter suscitare un vasto moto di energie e di volontà, capace di mettere a frutto tradizioni, risorse e potenzialità di cui siamo ricchi. Quelle che abbiamo accumulato nella nostra storia di centocinquant’anni di Italia unita”.

Un passaggio, questo, che ha portato il messaggio di fine anno su uno dei temi più cari al presidente. “Celebrare quell’anniversario, come abbiamo cominciato a fare e ancor più faremo nel 2011, non è perciò un rito retorico. – ha affermato – Non possiamo come Nazione pensare il futuro senza memoria e coscienza del passato”. Del Risorgimento bisogna quindi ricordare “un patrimonio vivo, cui ben si può attingere per ricavarne fiducia nelle virtù degli italiani, nel loro senso del dovere comune e dell’unità, e nella forza degli ideali”. “Ed è patrimonio vivo – ha continuato Napolitano – quello del superamento di prove meno remote e già durissime, come il liberarci dalla dittatura fascista, il risollevarci dalla sconfitta e dalle distruzioni dell’ultima guerra, ricostruendo il paese e trovando l’intesa su una Costituzione animata da luminosi principi”.

In chiusura di messaggio il capo dello Stato è tornato quindi a parlare ancora una volta agli studenti. “A tutti – ha detto – rivolgo ancora la più netta messa in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza”. “Investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità: che questa sia la strada giusta, ho potuto verificarlo in tante occasioni”, ha proseguito.

“Sentire l’Italia, – ha concluso – volerla più unita e migliore, significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, così come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane alle più giovani. A tutti, dunque, agli italiani e agli stranieri che sono tra noi condividendo doveri e speranze, il mio augurio affettuoso, il mio caloroso buon 2011”.

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