Il cardinale Sepe sfida la camorra: “Chi ha qualcosa da chiedere venga da me”

di Redazione

Crescenzio SepeNAPOLI. “Se qualcuno ha qualcosa da chiedere, venga da me. Sapete dove trovarmi, poi ci penso io”. Lo ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che domenica ha celebrato la messa nel cantiere della chiesa, …

… bersaglio di un raid, la scorsa settimana, e per il quale, la polizia segue anche la pista del racket. Non abbiamo paura di niente e di nessuno, faccio parte dell’associazione antiracket, ho la tessera numero uno”, ha sottolineato.

Il presule ha ricordato che, agli inizi della sua presenza a Napoli, come arcivescovo, nella stessa chiesa di Maria Santissima del Buon Rimedio, fu rubato il calice. “Ne ho portato in dono uno dieci volte più bello – ha raccontato – Allo stesso modo costruiremo questa chiesa dieci volte più bella”. L’auspicio è che già entro la fine dell’anno si possano portare a compimento i lavori così da tenere la messa per la consacrazione.

“Non tutti hanno accolto Dio”, ha poi aggiunto Sepe, secondo cui questa scelta è stata presa da chi “vuole continuare a vivere nelle tenebre”. Sono “i prepotenti, i malavitosi, i camorristi”, coloro i quali, “al Signore dicono: “Tu dici che siamo figli di Dio? E io non voglio esserlo. Tu offri salvezza e giustizia? Io non la voglio, preferisco un regno di ingiustizia e violenza”.

“Tu – ha detto, rivolgendosi ai malavitosi – puoi condurre la vita che vuoi, ma non hai il diritto di violentare la tranquillità del quartiere”. “La Chiesa accoglie tutti, è la madre nel cui seno può entrare chiunque – ha concluso – ma perseguiterà sempre chi vuole fare del male. Queste persone sono i figli ciechi di una società che non ha più valori. Noi non sottostiamo ai loro valori di violenza”.

Sepe commentaè poi interventuo sulle affermazioni di don Aniello Manganiello, ex parroco di Scampia, dell’Ordine dei Guanelliani, che, nei giorni scorsi, aveva detto che “i sacerdoti da quelle parti preferiscono subire ingiustizie e soprusi della camorra”. “Non permetto a nessuno di giudicare i miei sacerdoti”, ha tuonato l’arcivescovo. “I miei sacerdoti – ha aggiunto – li conosco io: veri e propri eroi della gente che si consuma. A nessuno è permesso giudicarli. Chi lo fa, si è già giudicato da sé”. “Questi sacerdoti – ha affermato, riferendosi ai preti del decanato – sono giovani, forti, volenterosi, impegnati. Perchè nel silenzio, lavorano sono in prima fila”. “Sono gli unici che danno speranza, che sanno donare un sorriso, che sanno perdonare in nome di Cristo, che danno la loro vita per voi – ha concluso – Devono essere ringraziati per il bene nascosto, umile, senza clamori di giornali e di televisione, dei nostri sacerdoti”.

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