Fiat Mirafiori, vince il sì col 54%

di Redazione

 TORINO.Di strettissima misura, dopo uno scrutinio durato circa 9 ore, vince il sì a Mirafiori e si dà il via libera all’intesa sul futuro dello stabilimento Fiat.

Al voto, iniziato col turno delle ore 22 di giovedì, hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,2% degli aventi diritto. Il sì ha vinto con 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare no sono stati invece in 2.325 (45,95%), mentre le schede nulle e bianche sono state complessivamente 59. Nei primi seggi scrutinati, nei quattro del montaggio e in uno della lastratura, dove la Fiom, che si oppone all’accordo, è tradizionalmente forte, hanno prevalso i “no”. Poi, nelle prime ore del mattino, la situazione si è rovesciata, grazie soprattutto al voto degli impiegati: a decidere, a mettere a segno l’allungo decisivo per il sì, è stato infatti il seggio 5, quello dei 449 impiegati. Ma anche nel conteggio complessivo dei soli operai, il sì ha prevalso pur se per soli 9 voti. Lo spoglio è iniziato poco dopo le 21 di venerdì. E’ apparso subito che il verdetto finale non avrebbe portato a nessuna delle due opzioni una larga vittoria: si è profilato un testa a testa fin dall’inizio.

Le operazioni di scrutinio sono andate avanti per circa nove ore in un clima abbastanza tranquillo: momenti di tensione sono scoppiati quando è emersa la vittoria dei sì (superata la soglia del 50%) e prima ancora che venisse completato lo spoglio. I sostenitori in Commissione dell’intesa siglata il 23 dicembre hanno esultato per il risultato, mentre un rappresentante della Fiom ha avuto un malore. Lo spoglio è stato quindi sospeso proprio mentre mancava una manciata di voti al risultato finale.

L’affluenza ai seggi, nonostante le lunghe attese per votare, è stata altissima: 94,9%, più alta del referendum che si è svolto in dicembre a Pomigliano d’Arco. Alla chiusura dei seggi alle 19,30 avevano votato 5.154 lavoratori sui 5.431 aventi diritto. Sono stati prima stilati i verbali di voto e, con un certo ritardo, alle 21,15 è iniziato lo spoglio delle schede per poi trovare l’intoppo al seggio 8.

La vittoria complessiva dei sì soprattutto grazie al voto dei colletti bianchi e con uno scarto tra gli operati di soli 9 voti, lascia spazio a commenti molto diversi tra chi ha sostenuto le ragioni dell’accordo e chi invece, come la Fiom-Cgil e i Cobas, lo aveva avversato.

Sergio Marchionne ha commentato così il risultato del referendum. “Dai lavoratori hanno fiducia nel loro futuro. Grazie al loro senso di responsabilità per questa scelta coraggiosa”. Il presidente della Fiat John Elkann ha invece detto: “La scelta dei lavoratori apre nuove prospettive”. “Mi auguro che le persone che hanno votato no, messe da parte le ideologie e i preconcetti prendano coscienza dell’importanza dell’accordo che salvaguarda le prospettive di tutti i lavoratori”. Per Marchionne quelli che hanno votato sì, comunque, “hanno chiuso la porta agli estremismi, che non portano a nulla se non al caos, e l’hanno aperta al futuro, al privilegio di trasformare Mirafiori in una fabbrica eccellente”. Confindustria valuta in modo positivo l’esito del referendum. “Con questo risultato, l’Italia può continuare ad avere una industria dell’auto forte e competitiva a livello globale. L’azienda ha ora tutte le carte per poter dare seguito all’annunciato piano di investimenti su Mirafiori”, commenta il presidente Emma Marcegaglia. “Adesso – prosegue la presidente – è necessario lasciarsi alle spalle polemiche. Confindustria ha già un accordo con Sergio Marchionne e John Elkann per far sì che, nel più breve tempio possibili, Fiat rientrerà in Confindustria”.

“La maggioranza degli operai di Mirafiori ha fatto un atto di coraggio”, ha commentato il presidente del comitato centrale della Fiom, Giorgio Cremaschi.”È una sconfitta politica per Marchionne. Il voto dà forza a tutti noi e andremo avanti per rovesciare l’accordo-vergogna”. “Gli operai delle linee di montaggio hanno detto di no”, ha aggiunto Giorgio Airaudo, segretario nazionale della Fiom responsabile dell’auto. “Sono stati decisivi gli impiegati che a Mirafiori sono in gran parte capi e struttura gerarchica”. “Mirafiori vivrà grazie ai lavoratori”, è la prima dichiarazione del segretario generale della Uilm, Roco Palombella. “Ringrazio chi si è espresso positivamente, ma anche i lavoratori che hanno votato no: sappiano del nostro rispetto nei loro confronti. Anche loro saranno tutelati nel loro lavoro in fabbrica. La Fiom rifletta su quanto accaduto e ritorni a fare sindacato”. Per il leader della Uil, Luigi Angeletti, “come per tutti i veri cambiamenti, la decisione è stata sofferta. Alla fine hanno vinto le ragioni del lavoro. Il sì ci fa vedere con più ottimismo il futuro di Mirafiori e dell’industria automobilistica nel nostro Paese”. “Per Marchionne ora non ci sono più alibi, gli impegni vanno mantenuti in tempi brevissimi», è l’opinione del responsabile nazionale auto della Fim-Cisl, Bruno Vitali. “È stata una campagna molto aspra che ha creato divisioni e incomprensioni. Ora bisogna lavorare per ricostruire l’unità dei lavoratori”.Roberto Di Maulo, segretario generale Fismic, sottolinea l’importanza “che il sì ha vinto di nove voti anche tra gli operai”. “Hanno vinto i lavoratori di Mirafiori e li ringraziamo per aver creduto nelle nostre ragioni”, ha detto il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella. “La loro maturità e il loro senso di responsabilità hanno salvato decine di migliaia di posti di lavoro e faranno partire finalmente Fabbrica Italia”. “Marchionne dovrà tirare fuori i soldi promessi e ai sindacati firmatari toccherà fare da cani da guardia della rabbia operaia e dei conflitti che l’accordo inevitabilmente produrrà”, è il commento dell’Unione sindacale di base, secondo la quale “esca rafforzata l’esigenza di uno sciopero generale da tenersi tra fine febbraio e inizio marzo”. Per Francesco Scandale, segretario dell’Associazione quadri, “è un risultato di tutti che va nella direzione di dare a migliaia di famiglie un’opportunità di un futuro più sereno. Spero che anche coloro che hanno espresso un voto contrario possano ricredersi sulla bontà di questo accordo”.

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ritiene che “l’esito del referendum apre un’evoluzione nelle relazioni industriali, soprattutto nelle grandi fabbriche, che dovrebbe consentire un migliore uso degli impianti e una effettiva crescita dei salari”. “Ancora una volta è il voto di capi, quadri e impiegati a determinare le condizioni di lavoro degli operai alla catena di montaggio, che pagheranno in prima persona per un accordo scellerato”, nota Gigi Malabarba di Sinistra Critica.

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