Mafia, Cuffaro condannato a 7 anni: in carcere a Rebibbia

di Redazione

Salvatore CuffaroROMA.Confermata a carico dell’ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, ora senatore del Popolari Italia Domani, la condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e violazione del segreto istruttorio nell’ambito del processo “talpe alla Dda”.

Lo ha deciso la seconda sezione penale della Cassazione. La condanna diventa quindi definitiva: l’ex governatore della Sicilia dopo la sentenza ha deciso di andarsi a costituire, anche se l’estratto della sentenza gli sarà notificato entro cinque giorni. Convalidate tutte le pene per gli altri imputati. Condanna a 15 anni di carcere definitiva anche per l’ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto vicino a Bernardo Provenzano. È stata leggermente ritoccata, per una piccola prescrizione, la condanna a 8 anni di reclusione per l’ex maresciallo del Ros, Giorgio Riolo: ora la pena è di 7 anni, 5 mesi e 10 giorni. Definitiva anche la condanna a 3 anni per il dirigente della Sezione Anticrimine della Questura di Palermo, Giacomo Venezia. Il suo ricorso è stato rigettato. Dichiarati inammissibili i ricorsi degli altri imputati: 4 anni e 6 mesi sono la condanna definitiva per il radiologo Aldo Carcione; un anno per Roberto Rotondo; 9 mesi per Michele Giambruno; 4 anni e 6 mesi per Lorenzo Iannì (direttore del distretto sanitario di Bagheria); 6 mesi per Antonella Buttitta; 9 mesi per Salvatore Prestigiacomo e 2 anni per Angelo Calaciura.

“Rispetto la magistratura, adesso andrò a costituirmi”, ha detto Cuffaro uscendo dalla sua casa romana per salire su una Punto grigia che lo accompagnerà a Rebibbia. In passato, dopo la condanna definitiva, anche l’ex parlamentare Cesare Previti si costituì spontaneamente a Rebibbia. “Adesso affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli – ha aggiunto Cuffaro – Sono stato un uomo delle istituzioni e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Questa prova, che certamente non è facile, ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede. Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perchè ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna, adesso affronterò la pena come è giusto che affronti un uomo delle istituzioni ed ora viene chiamato a sopportare una prova. Lo lascerò come insegnamento ai miei figli, devono avere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni”.

Una delle conseguenze della conferma della condanna è la decadenza dal seggio di palazzo Madama. Piuttosto che essere dichiarato decaduto dal Senato, Cuffaro potrebbe presentare le dimissioni. Ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione Giovanni Galati aveva chiesto di annullare l’aggravante mafiosa in quanto “non c’è la prova che abbia voluto favorire il sodalizio mafioso”.

Cuffaro ha atteso la sentenza dalle 9 alle 12,30 in preghiera nella Chiesa della Minerva, nel centro di Roma, seduto su uno scranno in fondo, in compagnia di un paio di uomini della segreteria. Il suo stato d’animo è stato definito da chi lo conosce “molto provato”. Impermeabile scuro, Cuffaro è uscito presto dalla sua abitazione questa mattina, pochi metri distante, ed è andato direttamente in chiesa, per poi tornare a casa pochi minuti prima delle 12.30. Subito dopo la sentenza è stato raggiunto uno dei leader del suo partito, Saverio Romano. Molti gli amici e i sostenitori che sono saliti per manifestargli la propria solidarietà. Dopo aver pregato in mattinata con la famiglia nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, è tornato nella sua abitazione nel centro di Roma, vicino al Pantheon, ed è cominciato un via vai di amici e colleghi, tra cui Saverio Romano. Come aveva già annunciato, Cuffaro ha scelto di costituirsi, anche per evitare l’arresto plateale. “Adesso affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli”, ha detto ai giornalisti appena uscito di casa, prima di andare a costituirsi. “Sono stato un uomo delle istituzioni – ha proseguito – e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Questa prova – ha concluso – che certamente non è facile, ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede”. “Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perché ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna, adesso affronterò la pena come è giusto che affronti un uomo delle istituzioni ed ora viene chiamato a sopportare una prova. Lo lascerò come insegnamento ai miei figli, devono avere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni”. Subito dopo Cuffaro si è allontanato a bordo di una Punto grigia, diretto alla caserma dei carabinieri. Intorno alle 16.35 ha varcato i cancelli di Rebibbia da un ingresso secondario, a bordo di un’auto dei carabinieri. In passato, dopo la condanna definitiva, anche l’ex parlamentare Cesare Previti si costituì spontaneamente nel carcere romano di Rebibbia.

“È una sentenza che desta stupore e rammarico anche perché, ieri, la Procura della Cassazione, con una richiesta molto argomentata, aveva chiesto l’annullamento dell’aggravante mafiosa per l’episodio di favoreggiamento ad Aiello, richiesta che se accolta avrebbe sgonfiato del tutto la condanna”, è il commento dell’avvocato Oreste Domignoni, difensore di Cuffaro in Cassazione insieme a Nino Mormino. “La sentenza della Corte di Cassazione conferma l’impianto accusatorio sostenuto dalla procura in primo grado”, dice invece il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo. “In primo grado il nostro impianto accusatorio era stato accolto dai giudici solo parzialmente. – ha aggiunto Messineo – La Corte d’Appello lo confermò e adesso arriva la sentenza definitiva. In ogni caso, non voglio aggiungere di più, perché le sentenze non si commentano ma si rispettano”.

Cuffaro è attualmente imputato in un altro processo a Palermo, dove risponde di concorso esterno in associazione mafiosa. Il 28 giugno scorso in questo dibattimento i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, a conclusione di una requisitoria durata per quattro udienze, ne hanno chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. La richiesta di 10 anni è comprensiva dello sconto di un terzo della pena previsto per il rito abbreviato scelto da Cuffaro. Tra le vicende oggetto di questo processo, noto come “Cuffaro bis”, quella delle candidature di Mimmo Miceli e Giuseppe Acanto, detto Piero, nelle liste del Cdu e del Biancofiore alle elezioni regionali del 2001. Entrambi, secondo l’accusa, furono sponsorizzati da Cosa nostra e Cuffaro per questo motivo li accettò come candidati nelle liste a lui collegate.

In un comunicato congiunto Pier Ferdinando Casini e Marco Follini si dicono “umanamente dispiaciuti per la condanna di Totò Cuffaro” ed esprimono “rispetto per la sentenza, come è doveroso in uno Stato di diritto e tanto più da parte di dirigenti politici. Ma, non rinneghiamo tanti anni di amicizia e resta in noi la convinzione che Cuffaro non sia mafioso”. Diversa la posizione del portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando: “In uno Stato di diritto la politica deve rispettare le sentenze. In uno Stato democratico, la politica deve però rilevare, come da anni facciamo in tanti, che dopo una stagione di forte indignazione e risveglio, proprio dal 2001, quando Salvatore Cuffaro è diventato presidente della Regione, in Sicilia c’è stato un progressivo deterioramento economico, culturale ed etico che tuttora pesa come un macigno sui diritti dei siciliani e sullo sviluppo dell’Isola”. “Esprimiamo la nostra solidarietà all’amico Totò Cuffaro per la scelta che ha compiuto. Quanto al merito della vicenda, ci ha convito più la Procura della Cassazione che il collegio giudicante”, dichiarano invece in una nota congiunta Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello del Pdl.

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