Traffico di reperti archeologici: 12 fermati. Sospetto legame coi Casalesi

di Redazione

 MONDRAGONE. Meravigliosi crateri a calice e a volute, raffinate kylix, gorgoni, satiri, protomi femminili. Sono i capolavori contenuti nell’incredibile bottino – oltre 633 pezzi per un valore stimato di un milione di euro – recuperato in Campania dai carabinieri dei beni culturali …

… che all’alba del 20 gennaio hanno fermato una organizzazione di tombaroli accusata di controllare il saccheggio sistematico dei siti archeologici nella zona a nord est della regione. L’indagine, denominata ‘Ro.vi.na’, coordinata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, era partita nel 2009 e ha portato all’esecuzione di 12 ordinanze tra il casertano (a Casal di Principe, Casapesenna, Castel Volturno, San Cipriano d’Aversa, Cesa, Mondragone, Maddaloni), il napoletano (Boscoreale, Acerra, Pompei, Bacoli) e a Taranto, Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) e Eraclea (Venezia), con arresti domiciliari per cinque persone e misure cautelari personali (divieto di dimora o obbligo di firma) per altre sette emesse dal gip di Santa Maria Capua Vetere. L’accusa è di “associazione per delinquere finalizzata a ricerca illecita, impossessamento e ricettazione di reperti archeologici provenienti da scavo clandestino”. Ai domiciliariAnnibale Corvino,Salvatore Zara, Luigi Caterino, Filippo Palma di Casal di Principe, e Giacinto Lunardellidi Acerra. Divieto di dimora per Nicola Verde, 45 annidi Cesa, Mario Luongo, 55 di Casal di Principe, Nicola Goglia, 37 di Casal di Principe e Antonio Savastano, 44di Mondragone. Altre 39 persone denunciate in stato di libertà.

Tra i capolavori sequestrati anche una oinochoe – ovvero un vaso simile ad una brocca che si usava per versare il vino – a figure nere del VII secolo a. C., una oinochoe a figure rosse del IV secolo a. C. con un demone alato , attribuito al cosiddetto ‘Pittore di Napolì e due crateri a campana a figure rosse, riconducibili rispettivamente al ‘Pittore di Dinos (420-450 a. C) e al ‘Pittore di Caivano (340-330 a. C.). Effettuate 39 perquisizioni nelle abitazioni di altrettanti indagati ritenuti ‘fiancheggiatori‘ della organizzazione.

Secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori, la banda controllava il saccheggio dei siti archeologici del nord-est della Campania, nelle aree casertane di Riardo, Teano, Calvi Risorta, e in quelle beneventane di Sant’Agata dè Goti e Montesarchio. Grazie a pedinamenti e servizi di osservazione fatti anche con l’aiuto di visori notturni e telecamere ad infrarossi, sono stati identificati i promotori dell’organizzazione che si servivano di squadre di tombaroli di Casal di Principe e così avevano riportato alla luce – servendosi anche di spilloni per sondare il terreno e metal detector – i reperti che sarebbero poi stati messi sul mercato clandestino nazionale e internazionale.

Non si esclude che il sodalizio possa avere collusioni con la criminalità organizzata, sottolineano gli investigatori, perché alcuni degli indagati sono stati già coinvolti in altre indagini per associazione camorristica e favoreggiamento della latitanza di esponenti del clan dei casalesi. Ulteriori “inconfutabili conferme del quadro accusatorio”, fanno notare ancora gli investigatori, sono venute, nel tempo, da perquisizioni e sequestri che hanno consentito, al momento, il recupero, complessivamente, di 633 reperti , tra cui crateri a calice e a volute, skyphos, kylix, gorgoni, satiri e protomi femminili, e 1000 frammenti, per un valore complessivo di circa un milione di euro.

Le perizie degli esperti sui beni sequestrati hanno confermato la grande rilevanza archeologica oltre che venale di molti dei reperti sia per le qualità artistiche sia per l’unicità delle decorazioni e la raffinatezza dei materiali impiegati. Tutti i particolari della vicenda saranno illustrati in una conferenza stampa che si terrà venerdì mattina in Procura.

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