Egitto, morti e feriti in piazza. “Picchiatori pagati da Mubarak”

di Redazione

 IL CAIRO. Almeno10 morti e 1.500 feriti il bilancio provvisorio del nono giorno di protesta in Egitto contro il regime di Hosni Mubarak.

Dopo il “milione in piazza”, a cui hanno in realtà partecipato due milioni di persone, migliaia di manifestanti hanno ascoltato l’appello dell’esercito di tornare a casa ma sono rimasti in piazza Tahrir, nel centro del Cairo, indifferenti anche all’annuncio di Mubarak di non volersi ricandidare alle presidenziali di settembre. “Deve andarsene” è l’imperativo categorico. L’Esercito, al momento, si mantiene neutrale.

MORTI.La tensione in piazza Tahrir è esplosaquando un gruppo di manifestanti pro-Mubarak è entrato nel grandesul lato del museo egizio, con scontri violentissimi tra i componenti delle opposte fazioni. I sostenitori del presidente erano armati di spranghe e coltelli e, secondo alcune voci degli oppositori al regime, anche di armi automatiche. Un gruppo è arrivato a cavallo, in borghese, e altri su cammelli: hanno caricato i manifestanti nella zona nordorientale della piazza. In fiamme la sede dell’ex ministero degli Esteri egiziano, un edificio di epoca coloniale considerato patrimonio artistico del Cairo. Con ogni probabilità la causa è dovuta al lancio di molotov da parte dei manifestanti pro Mubarak.

L’INGAGGIO DEI PICCHIATORI.Resta dunque il giallo dei picchiatori ingaggiati dal partito di governo,. La fonte della LaPresse parla di un prezzo pagato agli improvvisati miliziani incaricati di picchiare gli anti-governativi che oscillerebbe “tra i 40 e 100 dollari a seconda della zona”. Il testimone cita un caso personale: “Mio cugino è stato fermato nella città di Mansoura, mentre era in macchina da due uomini che si sono identificati come membri del Ndp e gli hanno offerto una cifra equivalente a 40 dollari per andare a picchiare i manifestanti”. “Me l’ha raccontato subito per telefono” aggiunge, spiegando che “per le strade del Cairo il prezzo è più alto”. Sempre la stessa fonte racconta che un uomo bloccato in piazza Tahrir nella capitale mentre picchiava manifestanti avrebbe chiesto: “Non fatemi niente, sono stato pagato, mi hanno dato 100 dollari per picchiare”. Una versione, quella citata dall’agenzia, che collima anche con il racconto di Davide Frattini, inviato del Corriere della Sera: “In mezzo a loro – si legge nell’articolo pubblicato oggi sul quotidiano – riappaiono (erano svaniti dopo il caos di venerdì) i giubbotti di pelle nera, gli occhiali da sole e gli sguardi che decidono da che parte stai. Agenti in borghese — o che almeno sembrano tali— dirigono la folla, danno indicazioni nei punti di accesso alla piazza”.

“MUBARAK RESPONSABILE DI TUTTO”.Che ci sia stato oppure no un vero e proprio reclutamento di milizie di provocatori, il presidente egiziano, Hosni Mubarak, sarà ritenuto comunque “responsabile” di ogni altro “massacro” che avrà luogo in piazza, ha dichiarato ad Al Jazeera Hamdy Kandil, portavoce dell’Associazione Nazionale per il Cambiamento, il movimento guidato ElBaradei. L’ex capo dell’agenzia atomica internazionale continua intanto a spiegare al mondo, attraverso interviste ai principali media, le ragioni che inducono lui e molti altri a chiedere un cambio della guardia al vertice del Paese. Parlando con il britannico Guardian, ElBaradei chiede che la comunità internazionale ritiri sul proprio sostegno a Mubarak e a “un regime che uccide la sua gente”. “Le violenze di ieri sono l’ennesima prova che il regime ha perso il senso comune”, ha affermato ElBaradei -. Non abbiamo alcuna intenzione di avviare un dialogo con questo regime finché il principale responsabile di tutto ciò, Mubarak, non lascerà il paese. Deve andarsene. Ha ricevuto un voto di sfiducia da tutto il popolo egiziano, spero che abbia l’intelligenza di capire che per lui è meglio lasciare ora prima che il paese crolli, economicamente e socialmente”.

ELBARADEI INVOCA INTERVENTO ESERCITO.ElBaradei ha invocato l’intervento dell’esercito: “Chiedo ai militari di intervenire per proteggere le vite egiziane”. L’ex direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha anche detto di avere le prove che quelli che hanno attaccato i manifestanti anti-governativi erano poliziotti.

NO DEL GOVERNO A TRANSIZIONE IMMEDIATA.L’Egitto rifiuta gli appelli a una transizione immediata del potere: lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Hossam Zaki, dopo i ripetuti inviti in questo senso della comunità internazionale. Il vicepresidente egiziano Omar Suleiman ha affermato che il “dialogo con le forze politiche dipende dalla fine delle proteste”.

STOP AL PARLAMENTO.Intanto è stata sospesa l’attività della Camera e del Senato, in attesa che il tribunale del Cairo si pronunci in via definitiva sui ricorsi presentati da alcuni candidati non eletti nelle ultime consultazioni politiche. Lo ha annunciato la tv di Stato egiziana. Un provvedimento di questo tipo era stato già preannunciato martedì nel discorso del presidente Hosni Mubarak ed è volto a rispondere alle richieste dei partiti di opposizione che non hanno rappresentanti in Parlamento.

FIAMME NEL MUSEO EGIZIO.Si è sviluppato un incendio all’interno del museo egizio del Cairo, che si trova in piazza Tahrir, teatro degli scontri. L’incendio è divampato dopo il lancio di molotov durante gli scontri tra sostenitori ed oppositori del presidente Hosni Mubarak. Unità dell’esercito sono intervenute per spegnere le fiamme che si sono sviluppate anche in altre zone della piazza Tahrir.

RIDOTTO IL COPRIFUOCO, RIAPERTO PARZIALMENTE INTERNET.E’ stato ridotto da 17 a 14 ore il coprifuoco al Cairo, ad Alessandria e a Suez. Poco dopo l’appello con cui le Forze Armate egiziane hanno chiesto alla popolazione di “tornare alla vita normale” e rientrare “a casa per riportare la sicurezza e la stabilità nelle strade”, è stato annunciato che d’ora in poi il coprifuoco nelle tre città scatterà alle 17 locali (le 16 in Italia), e rimarrà in vigore fino alle 7 ora del mattino. In precedenza il provvedimento aveva una durata compresa fra le 15 e le 8 successive (dalle 14 alle 7 italiane). Inoltre è stata parzialmente ristabilita la connessione a Internet, almeno al Cairo e ad Alessandria: i quattro provider del Paese sono ritornati operativi. I servizi on-line erano completamente interrotti in tutto il Paese da cinque giorni, dopo la mobilitazione popolare che aveva condotto per la prima volta all’occupazione di piazza Tahrir, nel cuore della capitale.

FRATELLI MUSULMANI: “NO DIALOGO SENZA DIMISSIONI”.“Nessun dialogo con il vice presidente Omar Suleiman senza le dimissioni del presidente Hosni Mubarak”. È questa, intanto, la posizione dei Fratelli Musulmani, che per bocca del loro dirigente Mohammed al-Baltanji hanno commentato l’apertura del vice presidente egiziano al dialogo con le opposizioni. Il dirigente islamico ha anche commentato gli scontri in corso in Piazza Tahrir, al Cairo, tra sostenitori di Mubarak e oppositori. “Si tratta di bande armate inviate dal governo – ha aggiunto – per attaccare i nostri militanti con azioni preordinate”.

USA, GB, ISRAELE.La Casa Bianca ha nuovamente condannato le violenze nelle manifestazioni al Cairo e ha espresso profonda preoccupazione per gli attacchi agli organi di informazione. “Gli Stati Uniti deplorano e condannano la violenza in atto in Egitto e siamo profondamente preoccupati per gli attacchi ai media e ai manifestanti pacifici”, ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, “rinnoviamo il nostro forte appello alla moderazione”. Anche il premier britannico David Cameron ha bacchettato Mubarak perchéancora non ha avviatoil processoper un governo di transizione. “La transizione deve essere rapida e credibile e deve cominciare ora. Dobbiamo essere chiari: in questo Paese stiamo con chi in tutto il mondo vuole la libertà, la democrazia e i diritti. Questa deve sempre essere la nostra posizione. Non si possono guardare le scene al Cairo senza trovare incredibilmente commovente che la gente in Egitto voglia avere le stesse aspirazioni che abbiamo noi nel nostro Paese”. Ha ribadito il primo ministro inglese che poi haaggiunto:”Un rafforzamento delle democrazie in Medio Oriente e nel mondo araboè necessario anche negli interessi a lungo termine della Gran Bretagna”. Grande preoccupazione è stata poi espressa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha avvertito che le conseguenze della rivolta in corso in Egitto potrebbero destabilizzare l’intera regione mediorientale “per molti anni”.

ONU. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, profondamente preoccupato della situazione egiziana, invita entrambe le parti alla moderazione, macondanna fermamente gliscontri contro gli oppositori di Mubarak: “Inaccettabile l’attacco a manifestanti pacifici”.

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