ROMA.La Camera ha votato la fiducia al governo sul maxiemendamento al decreto milleproroghe. I voti a favore sono stati 309, quelli contrari 287.
Anche il premier Silvio Berlusconi si è presentato in Aula per votare (poiché èanche deputato) e per assistere all’andamento votazione, che tuttavia già alla vigilia non si annunciava con particolari sorprese, ora che la maggioranza ha riconquistato il voto di molti ex finiani che nelle ultime settimane hanno lasciato Futuro e Libertà per tornare nel Pdl o per passare al gruppo misto o a quello dei Responsabili.
Il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ha minimizzato la portata dell’ennesimo ricorso alla fiducia, spiegando che fino a quando non verranno cambiati i regolamenti parlamentari, se il governo ha fretta non ha allo stato molti altri strumenti da utilizzare. Lo stesso Cicchitto ha parlato delle polemiche che accompagnano le modifiche al testo originario, che hanno di fatto allargato gli interventi in esso previsti: “Il ‘milleproroghè è diventato un ippopotamo? Vorrei ricordare che l’ippopotamo è stato costruito pezzo a pezzo al Senato e si è ingrassato anche con il contributo dell’opposizione. Gli emendamenti del centrosinistra, infatti, non erano sostitutivi, ma aggiuntivi”.
Diversa la valutazione del Pd: “40 voti di fiducia in 33 mesi sono il sintomo di un mal governo ma 3 fiducie consecutive nell’arco di una settimana per un unico provvedimento sono un record che difficilmente potrà essere eguagliato” ha detto Pierpaolo Baretta, capogruppo dei democratici nella commissione Bilancio. La butta invece sui numeri Roberto Giachetti: “Nonostante l’accanimento terapeutico dei continui voti di fiducia, la presenza e il voto di tutti i ministri e del presidente del Consiglio in testa, il governo Berlusconi è esanime. Oggi alla Camera Pdl e Lega si sono fermati a 309 voti, ben lontani dalla soglia della maggioranza politica di 316”.
A margine della votazione va poi segnalato un breve colloquio tra il leader della Lega Umberto Bossi e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Quando è iniziata la chiama nominale per la fiducia, Bersani è uscito dall’aula in attesa che arrivasse il suo turno. Qui ha incrociato il leader del Carroccio. I due si sono accostati ed hanno parlato per pochi minuti, al termine dei quali si sono scambiati una pacca sulla spalla ed una stratta di mano. “In gamba, Umberto” ha detto Bersani.