Zinzi: “Caserta fu la culla dell’Unità d’Italia”

di Redazione

Domenico ZinziCASERTA. L’intervento del presidente della Provincia di Caserta, Domenico Zinzi, in occasione della cerimonia di inaugurazione delle celebrazioni per il 150esimo dell’Unità d’Italia, svoltasi mercoledì pomeriggio alla Reggia.

Qui dove l’Italia nacque: a Caserta, lungo la linea del Volturno, con lo storico incontro di Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele di Savoia, salutato col titolo di Re d’Italia il 26 ottobre 1860, si preconizzava il compimento dei destini nazionali sanciti con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861.

Ho l’onore ed il privilegio di prendere la parola, quale presidente della Provincia culla dell’Unità d’Italia, della Provincia che unisce, di quella Provincia che, mai come negli ultimi tempi, si è riappropriata del ruolo rappresentativo, di riferimento e di sintesi istituzionale che le compete, sintetizzando i valori delle singole comunità del territorio. Se non ci fosse stata la battaglia del Volturno il primo ed il due ottobre 1860, se non ci fosse stata la resa della piazzaforte di Capua il 3 novembre successivo, se il 17 febbraio 1861 non fosse capitolata Gaeta, all’ epoca parte significativa di Terra di Lavoro, oltre il Garigliano, molto verosimilmente non ci sarebbe stata l’Unità d’Italia ovvero chissà se e quando si sarebbe avverata.

Ecco perché mi piace sottolineare la centralità di Caserta nei fasti risorgimentali, fondamentali per l’Unità nazionale; una centralità evidenziata già con le celebrazioni cinquantenarie del 1911 e di quelle centenarie del 1961, consacrate in atti e documenti che sono parte integrante della nostra storia ultramillenaria. “Qui dove l’Italia nacque” mi piace ripetere. Qui dove le ansie, le speranze, i sacrifici delle nobili popolazioni meridionali ebbero l’auspicato coronamento e che vanno rivendicati per il doveroso riequilibrio di una certa storiografia non sempre attenta ed obiettiva.

Ma la centralità di Caserta e della sua provincia nel processo di unificazione nazionale parte da lontano, travalica i campi di battaglia, le cospirazioni politiche. E’ una centralità che affonda le sue radici nell’humus culturale dell’antica Terra di Lavoro. Mi riferisco ai Plàciti di Capua, di Teano e di Sessa, i primi documenti in lingua italiana che anticiparono la lingua elevata da Dante al rango di letteratura e, quindi, di comune mezzo espressivo di tutto il popolo italiano. E’ trascorso un secolo e mezzo dal giorno in cui si sono compiuti i destini nazionali.

Oggi noi ci siamo riuniti per onorare i valori ideali fondanti della nostra Patria unita, respingendo nella maniera più ferma qualsivoglia provocazione, strumentale ed antistorica, tesa a minare l’indissolubile vincolo consacrato dalla Costituzione repubblicana. E ci siamo riuniti per inchinare il capo, con riverente riconoscenza, alla memoria di quanti hanno testimoniato, anche col proprio sangue, la fede negli ideali risorgimentali. Non alla presenza di poche, vecchie e gloriose bandiere scolorite dal tempo e strappate dalla furia della battaglia, bensì alla presenza dei Gonfaloni dei Comuni di Terra di Lavoro e di quello della Provincia la cui decorazione al Valor Militare, conseguita col secondo Risorgimento, consegna alla storia l’epoca del sangue per schiudere quella della pace nella libertà e nell’ordinato progresso civile.

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