TRIPOLI.Torna in tv il Colonnello Gheddafi e, in un’intervista all’emittente francese Lci, accuse le potenze straniere di aver posto in essere un “complotto colonialista ” che ha portato alla rivolta in Libia e alla richiesta di sue dimissioni.
Un complotto che, a suo dire, sarebbe guidato dalla Francia, e testimoniato dal fatto che martedì le forze militari rimastegli fedeli hanno catturato diversi stranieri. Gheddafi parla di “armi ed alcol”, trovati all’interno delle moschee riconquistate dai suoi soldati e di miliziani provenienti da Afghanistan, Egitto e Algeria. Poi avanza la tesi di Al Qaida, che avrebbero fatto “il lavaggio del cervello” ai ribelli, dando loro “pillole” e “soldi”.
Gheddafi ha poi escluso ogni tipo di trattativa con i rivoltosi di Bengasi. I ribelli avevano annunciato martedì che non perseguiranno il leader libico per i crimini che sostengono avrebbe commesso, se si dimetterà entro le prossime 72 ore. Un ultimatum a cui non ha fatto cenno nell’intervista. Ma per il Colonnello il Consiglio nazionale istituito dai rivoluzionari non ha legittimità e i ribelli sono manovrati da Al Qaida. Gheddafi ha aggiunto che i membri del suo governo che si sono uniti al Consiglio nazionale “sono stati costretti a farlo perché minacciati di morte”. Non hanno avuto scelta, ha aggiunto, “non sono liberi, sono prigionieri”.
Intanto, il segretario di stato Usa, Hillary Clinton, chiarisce che qualsiasi azione nei confronti della Libia, compresa un’eventuale “no fly zone” per bloccare i raid aerei contro la popolazione, deve essere internazionale e non guidata dagli Stati Uniti. “Lo sforzo viene dal popolo libico – ha detto la Clinton alla britannica Sky News – e non dall’esterno, da qualche potenza occidentale o paese del Golfo che devono imporre cosa fare e come vivere”. “Gheddafi lasci al più presto possibile, vogliamo risolvere in modo pacifico, ma se non sarà possibile allora lavoreremo con la comunità internazionale”, ha aggiunto. L’intervento del segretario di stato è giunto poche ore dopo che la telefonata tra il presidente americano Barack Obama e il premier britannico David Cameron, che hanno discusso sulla “no fly zone”.