TRIPOLI.I carri armati degli uomini di Gheddafi fanno fuoco sulla folla a Zawyia: ed è strage. Si parla di almeno 200 morti e di centinaia di feriti.
Le forze fedeli al leader libico Muammar Gheddafi hanno sferrato un nuovo attacco contro di Zawiya, con bombardamenti di carri armati sulla piazza centrale della città occidentale libica. Lo hanno riferito abitanti. “L’attacco è cominciato. Vedo più di 20 carri armati” ha detto per telefono alla Reuters un residente. In sottofondo si udiva il rumore di sparatorie. Un altro abitante ha confermato l’attacco, affermando che le forze pro-Gheddafi stanno usando “carri armati e mortai”.
Dopo aver aperto il fuoco sulle abitazioni, i carri armati delle forze lealiste che hanno invaso le strade di Zawiyah avrebbero preso a “bombardare una moschea con centinaia di civili che avevano cercato rifugio all’interno”: lo ha denunciato Abu Aqeel, un abitante della strategica cittadina, situata appena 40 chilometri a ovest di Tripoli.
D iversi testimoni oculari hanno confermato all’inviato speciale di Al Jazeera, che i militari governativi e i mercenari loro alleati hanno giustiziato in pubblico parecchi feriti, il cui numero sembra ormai incalcolabile, comunque almeno nell’ordine delle centinaia.
Un altro testimone, sempre residente a Zawiya, contattato al telefono da Al Jazeera, ha raccontato con tono concitato che “ci sono pesanti bombardamenti sulla città con carri armati, armi pesanti e mortai mentre i ribelli stanno cercando di resistere con mezzi di fortuna. Loro (le forze fedeli al regime) non hanno pietà e sono estremamente brutali. Cioè un gran numero di feriti e un sacco di gente ammazzata nelle strade”. Il testimone dice che “non c’è pietà nei confronti dei civili”. L’inviato di Al Jazeera International ad a Zawiya, Tony Birtley, scrive sul live blog dell’emittente qatariota che la città “è nelle mani delle forze di Gheddafi, ma, apprendiamo, i combattimenti continuano”. Un blogger riferisce di almeno sei carri armati che trasportavano quelli che vengono descritti come “mercenari” di Gheddafi sono stati dati alle fiamme.
A Tripoli invece una violenta sparatoria è stata sentita venerdì provenire dall’interno della caserma di Bab al-Aziziya, considerata il quartier generale di Muammar Gheddafi e della sua famiglia. Lo riporta il quotidiano arabo al-Sharq al-Awsat. La sparatoria è durata una ventina di minuti ed è stata molto intensa. Fonti locali sostengono che al conflitto a fuoco hanno preso parte alcuni miliziani africani che hanno ottenuto la cittadinanza libica. Tre ufficiali libici sarebbero morti. Al momento non si conosce l’identitá delle vittime della sparatoria, ma da venerdì non si hanno più notizie del generale Abdullah al-Senoussi, capo dei servizi segreti militari, che potrebbe essere stato ucciso nella sparatoria.
A Bengasi è di almeno 32 morti, forse 34, il bilancio ancora provvisorio della duplice esplosione chevenerdì sera ha distrutto il deposito di armi presso la base militare di Rajma, alle periferia di Bengasi, uno dei più grandi della Cirenaica. Lo hanno riferito fonti ospedaliere, secondo cui “ci sono ancora problemi nello stabilire il numero esatto delle vittime, perché molti corpi sono stati fatti a pezzi” dal susseguirsi delle onde d’urto. La zona si trova nelle mani degli insorti, e in un primo momento era stato ipotizzato un bombardamento del deposito da parte delle forze fedeli al Gheddafi. “Non siamo tuttora sicuri se si sia trattato di un atto di sabotaggio, di un incidente fortuito oppure di un raid dell’aviazione, ma nessuno ha visto aerei”, ha dichiarato Mustafa Gheriani, portavoce del Consiglio Nazionale Libico istituito dai rivoltosi, che oggi ha tenuto la sua prima riunione in un luogo segreto. “Non ci aspettiamo di trovare cadaveri rimasti intatti all’interno”, ha proseguito Gheriani. “Abbiamo valutato che nel complesso ci fossero quaranta persone”. Le deflagrazioni, ha aggiunto, “hanno devastato un’ampia zona e colpito anche i quartieri residenziali”.
L’opposizione libica, che oggi ha ufficializzato la formazione del consiglio nazionale dei ribelli, “solo rappresentante” della Libia, è impegnata contro le forze di Muammar Gheddafi anche su altri fronti: nei centri petroliferi di Brega, Ajdabiya e Ras Lanuf. Al 18esimo giorno di sommossa, i rivoltosi continuano ad avanzare lungo la costa, con l’intento di “andare avanti poco a poco nella loro direzione per spingerli ad arretrare”. I rivoltosi hanno annunciato di aver preso il controllo di Ras Lanuf, situata a oltre 300 chilometri a sud-ovest di Bengasi, dopo violenti scontro con le forze di Gheddafi. Tripoli ha immediatamente smentito. Una fonte ospedaliera ha riferito di “numerosi morti e feriti”. Ras Lanuf è un porto petrolifero di importanza strategica,
situato a un centinaio di chilometri da Sirte, città natale e roccaforte di Gheddafi. I ribelli che continuano ad avanzare verso la città libica di Sirte hanno abbattuto anche due elicotteri militari a circa 40 chilometri dalla città considerata come la roccaforte di Muammar Gheddafi. Secondo quanto riferisce l’inviato dalla tv araba Al-Jazeera, il primo elicottero è stato abbattuto nella zona di Ras Lanuf, conquistata ieri dai ribelli, e il secondo nella zona di Bani Jawad, sempre nel golfo di Sirte.
ONU.Intanto, il governo di Gheddafi ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di sospendere le sanzioni imposte contro la Libia una settimana fa, insistendo sul fatto che “nessuna opposizione è stata sollevata contro i manifestanti pacifici e disarmati”. In una lettera firmata del ministro degli Esteri della Libia, Musa Mohammad Kusa, e indirizzata all’ambasciatore cinese Li Baodong, il cui Paese detiene la presidenza mensile a rotazione, si dice che il governo libico “si rammarica” per la decisione unanime del Consiglio di imporre l’embargo delle armi contro il Paese, il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare per Gheddafi e la sua famiglia. Secondo quanto riportato nella lettera, il voto del 26 febbraio è stato preso “prematuramente per condannare e penalizzare la Jamahiriya araba libica quando la situazione non richiede un intervento” secondo la carta delle Nazioni Unite. E continua, dicendo che la forza è stata usata solo contro “i trasgressori che hanno incluso elementi estremisti” intraprendendo “atti di distruzione e terrorismo”.