Ultimatum della Nato a Gheddafi

di Redazione

GheddafiTRIPOLI. Aerei da ricognizione Awacs della Nato stanno sorvegliando 24 ore su 24 i cieli della Libia. Lo ha indicato in una conferenza stampa telefonica Ivo Daalder, rappresentante permanente Usa alla Nato che con l’Onu lancia un monito alla Libia: basta attacchi sui civili.

Obama, intanto, riferisce chel’opzione militare è allo studio. I Paesi del Golfo chiedono all’Onu di “agire per salvare il popolo libico”. Fonti diplomatiche del Palazzo di Vetro indicano che Gran Bretagna e Francia stanno lavorando a una mozione per avere il via libera dal Consiglio di sicurezza per l’istituzione di una no-fly zone. Ma da Mosca, il Cremlino mette tutti in guardia: siamo contrari a qualsiasi tipo di missione militare internazionale in Libia. Questi i movimenti diplomatici odierni sulla crisi libica, mentre sul terreno sono in corso scontri e bombardamenti a Misurata, Ben Jawad e Ras Lanuf con decine di vittime. Poi in serata, un nuovo sviluppo, ancora senza conferme ufficiali: secondo l’emittente tv del Qatar Al Jazeera, Gheddafi avrebbe proposto agli insorti una riunione del Parlamento per arrivare alle proprie dimissioni a fronte di adeguate garanzie, ma i ribelli avrebbero rifiutato perchè sarebbe stata un “onorevole” via d’uscita per Gheddafi e avrebbe offeso le sue vittime.

I Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo chiedono un vertice urgente della Lega araba sulla crisi libica . E, all’apertura del vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg), chiedono alle Nazioni Unite di intervenire per proteggere il popolo libico: “È necessario uno sforzo comune per aiutarlo”, ha detto il ministro degli Esteri degli Emirati, Abdallah ben Zayed, chiedendo “alla comunità internazionale, e in primo luogo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di assumersi le proprie responsabilità storiche”. Dal canto suo, il segretario generale del Consiglio, Abdel Rahman al-Attiya, ha affermato che i Paesi che fanno parte di questa organizzazione sovranazionale “costituiscono una sola famiglia, la sicurezza della quale è indivisibile e costituisce un filo rosso”. Interpellato sulla opportunità di un possibile piano Marshall da parte dei paesi ricchi del Consiglio, per aiutare Bahrein e Oman, ha risposto: “Noi siamo solidali con tutto ciò che può portare sviluppo, sicurezza e prosperità”. Il consiglio di cooperazione dei Paesi del Golfo ha chiesto anche l’imposizione della no fly zone sulla Libia da parte dell’Onu.

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto che “se Gheddafi e il suo regime continueranno ad attaccare sistematicamente la popolazione civile, non posso immaginare che la comunità internazionale e l’Onu rimangano a guardare”. “Sia chiaro – ha proseguito il danese – noi non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Libia. Ma ci stiamo preparando a ogni eventualità. Siamo comunque ben consapevoli che un intervento militare dall’esterno potrebbe creare una reazione da parte del mondo arabo e per questo siamo in stretto contatto sia con la Lega araba che con l’Unione africana”. Gli attacchi contro la popolazione civile in Libia possono essere considerati “crimini contro l’umanità”, ha aggiunto Rasmussen. “La violazione dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale è oltraggiosa”.

Obama ha confermato che la Nato ha allo studio l’opzione militare in Libia. Ma è stato subito stoppato dal ministro degli Esteri russo, Lavrov, che ha chiarito che la Russia è contraria a interventi militari internazionali: “I libici risolvano da soli i propri problemi interni”. Comunque il segretario delle Difesa Usa, Robert Gates, ha precisato che qualsiasi intervento militare nel Paese nordafricano dovrà avere il via libera internazionale. Obama ha anche detto che i consiglieri di Gheddafi saranno ritenuti responsabili delle loro azioni. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha chiarito che l’istituzione di una no-fly zone dovrà avere il benestare dell’Onu.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto a Gheddafi di mettere fine agli “attacchi indiscriminati” e ha avvertito Tripoli che chi viola il diritto internazionale verrà processato. Ban Ki-moon ha poi nominato l’ex ministro degli Esteri giordano, Abdelilah Al-Khatib, inviato speciale in Libia “per condurre consultazioni urgenti con le autorità a Tripoli e nella regione sull’attuale situazione umanitaria”, ha detto l’ufficio stampa di Ban. Il comunicato aggiunge che il segretario generale ha parlato con il ministro degli Esteri libico, Musa Kusa, e gli ha detto che Tripoli deve “attenersi alla responsabilità di proteggere i cittadini del Paese e ascoltare le legittime aspirazioni del popolo libico a vivere con dignità e in pace”. Il ministro degli Esteri degli Emirati, Abdallah bin Zayed, a nome dei Paesi del Golfo ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di intervenire “salvare il popolo libico”.

Il regime libico sta intanto cercando di riprendere il controllo del Paese con raid aerei contro i ribelli e manifestazioni di “vittoria” a Tripoli, affermando di aver riconquistato molte città, circostanza che la guerriglia smentisce malgrado abbia in effetti perso terreno. In diverse città, intanto, la rivolta ha assunto ormai le sembianze di una confusa guerra civile, con entrambi i fronti impegnati anche nella propaganda che rende difficile poi la verifica delle notizie sul campo. La televisione di stato libica ha annunciato che le forze fedeli al colonnello Gheddafi sono dirette a Bengasi, roccaforte dell’opposizione quasi mille chilometri a est di Tripoli. A Misurata, terza città della Libia 150 chilometri a est di Tripoli, un residente e un ribelle hanno invece detto per telefono che la città era controllata dalla guerriglia, malgrado un’offensiva del governo con armi pesanti. “I carri armati sparano proiettili in pieno centro città”, hanno fatto sapere. Secondo una fonte medica gli scontri e i bombardamenti di domenica a Misurata avrebbero causato 21 vittime e una novantina di feriti. È intanto di almeno sette morti e oltre 50 feriti il bilancio dei combattimenti a Ben Jawad, dove i ribelli sarebbero stati costretti a indietreggiare e rinunciare momentaneamente alla loro avanzata verso Sirte, città natale del Colonnello. Sulla città, nelle ultime ore, si sono registrati anche nuovi attacchi da parte delle forze governative. Ras Lanuf è stata di nuovo bombardata dalle forze aeree di Gheddafi e il raid avrebbe causato vittime. È quanto hanno riferito testimoni.

Sul fronte politico, invece, il Consiglio nazionale creato dalla rivolta 27 febbraio, che si è riunito sabato per la prima volta e si è detto “unico rappresentante della Libia”, ha ricevuto il sostegno della Francia. Il colonnello Muammar Gheddafi si è intanto detto favorevole a una commissione d’inchiesta “delle Nazioni Unite o dell’Unione africana” per valutare la situazione. Ha inoltre brandito lo spettro di Al Qaeda e di una massiccia immigrazione in Europa. Suo figlio, Saif al-Islam, ha assicurato che la Libia potrebbe diventare “una Somalia del Mediterraneo”, con “i pirati al largo della Sicilia e di Creta” e “milioni di migranti”. A Washington è invece salita la pressione sull’amministrazione del presidente Obama a fornire assistenza militare ai ribelli e a neutralizzare l’aviazione del colonnello Gheddafi, sia con una zona di interdizione al volo sia con la distruzione delle piste. “Potremmo bombardare gli aeroporti e le piste e renderle impraticabili per un po’ di tempo”, ha dichiarato alla Cbs il presidente della commissione Affari esteri del Senato, John Kerry. Il senatore repubblicano John McCain ha anche ipotizzato che Washington possa fornire assistenza tecnica e mezzi di informazione ai ribelli.

La nave italiana Libra della Marina Militare, partita l’altro ieri da Catania, è arrivata nel porto libico di Bengasi. La nave ha a bordo circa 25 tonnellate di aiuti e materiale fornito dalla Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri, destinato alla popolazione di Bengasi, la città diventata il simbolo della rivolta contro il regime di Muammar Gheddafi. Da Taranto è anche partito il cacciatorpediniere Andrea Doria che farà da piattaforma per il controllo aereo del Mediterraneo meridionale. Unità multiruolo, l’Andrea Doria è in possesso di un armamento differenziato a seconda della minaccia che la rende idonea ad assolvere a numerose tipologie di missione.

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