ROMA. L’Italia non ha cambiato idea sul nucleare e “spero che nel referendum di giugno gli italiani non votino sull’onda dell’emotività”.
Lo affermail ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, a proposito dell’allarme nucleare in Giappone e della posizione nel nostro paese. “Abbiamo fatto una scelta molto consapevole – ha spiegato il ministro a Radio Anch’io – nel definire l’agenzia di sicurezza sul nucleare e riteniamo di aver previsto criteri di selezione dei siti che ospiteranno le centrali molto attenti e che tengono conto della sismicità del territorio, caratteristica del nostro paese ma non paragonabile al Giappone. Mai come in questi casi è sbagliato fare allarmismo che crea paure irrazionali. L’Italia all’epoca di Chernobyl decise di uscire dal nucleare e per questo è stata fortemente penalizzata in questi anni”. Una scelta, spiega la Prestigiacomo, che “comunque non ci ha messo in sicurezza: se dovesse accadere un incidente grave in una centrale di un paese vicino comunque avremmo dei danni”.
Per quanto riguarda i siti delle centrali, il ministro aggiunge che “ancora non sono stati definiti anche se tutti ipotizzano e fanno degli scenari perché le condizioni del nostro territorio sono note e si sa quali sono le aree certamente escluse, ma non c’è ancora una mappa dei siti”. Infine un auspicio sul referendum di giugno: “Spero non ci sia alcuna ondata di emotività. Sarebbe un modo irrazionale di affrontare un problema. Bisogna spiegare cos’è il nucleare oggi perché l’Italia ha davvero un’opportunità avvalendosi delle tecnologie più innovative, 100 volte superiori a quelle del Giappone”. D’altronde – aggiunge il ministro – le fonti rinnovabili “sono energie da sviluppare, ma immaginare che a breve tutta l’energia possa essere prodotta da fonti rinnovabili è irrealistico”.
LEGAMBIENTE: “SI MINIMIZZA L’INCIDENTE”. “Negli ultimi mesi abbiamo apprezzato il senso pragmatico e il realismo del ministro Prestigiacomo su molte questioni, dalla difesa dei parchi al coraggioso intervento sui sacchetti di plastica: in questo caso il suo mi sembra un approccio molto ideologico”. Così il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, intervistato da Radio Città Futura. “Siamo l’unico paese in cui il governo ha minimizzato fino all’estremo l’incidente” sottolinea Cogliati Dezza, per cui invece quanto accaduto in Giappone “è la dimostrazione che non esiste un nucleare sicuro: anche nella culla della tecnologia moderna non ci sono gli strumenti per governarlo”.
ZAIA: “NESSUNA CENTRALE IN VENETO”.Tuttavia se molti esponenti di governo e di centrodestra continuano a professarsi favorevoli al nucleare, quando si va nello specifico (cioè sul territorio) la situazione cambia. E così latteggiamento delle Regioni sembra essere molto simile a quello del “not in my backyard”, cioè non nel mio cortile. Il presidente del Veneto Luca Zaia avverte: “Non ho nulla da nascondere, il Veneto non ha le caratteristiche necessarie per ospitare una centrale nucleare, per cui dico ai comitati che non perdano tempo a protestare: fino a quando ci sarò io sarà sempre no a questa ipotesi”. “Il nucleare – ha aggiunto Zaia – è una buona tecnologia, ma se aggiungiamo anche gli aspetti sismici usciamo del tutto da una possibilità di una candidatura del Veneto a ospitare un sito. Il nucleare in mezzo al deserto o in una zona molto stabile ha un senso; in Giappone abbiamo invece purtroppo visto cosa vuol dire”.
NO DELLA LOMBARDIA AL NUCLEARE. Stessa situazione in Lombardia. Il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio, Romano Colozzi, a proposito del decreto sull’individuazione dei siti nucleari dice: “La Regione Lombardia è autosufficiente dal punto di vista energetico e quando si parlerà di nuovi insediamenti bisognerà tenere conto di questo”. “Il governo nazionale – ha proseguito l’assessore – su questa materia ha la responsabilità di assumere le decisioni. La Corte ha riconosciuto che le autonomie locali hanno poteri territoriali, ma non di veto. La Regione Lombardia ha sempre osservato che dal punto di vista istituzionale il governo si muove all’interno delle proprie prerogative”. Le Regioni che non si oppongono al documento che fissa i criteri per la localizzazione degli impianti sono, oltre alla Lombardia, il Veneto, il Piemonte e la Campania.