ROMA. “Il Pdl, geniale intuizione politica di Berlusconi, finora non è diventata uno strumento organizzato funzionante. Doveva essere il partito della gente, della nostra gente. Troppo spesso non lo è”.
E’ l’atto d’accusa che Claudio Scajola muove al suo partito, dopo aver accoratamente esposto le sue ragioni sabato 12 marzo al premier in un incontro che l’ex ministro descrive “come sempre franco, costruttivo e amichevole”. Ma Scajola conferma, di fronte alla mancata unità di un partito che a suo giudizio non è mai diventato tale, la ferma intenzione di formare alla Camera e al Senato i gruppi autonomi degli Azzurri per la Libertà.
“Se abbiamo pensato ai gruppi parlamentari Azzurri per la Libertà – spiega dalla rubrica La Bussola, sul sito web della sua Fondazione Cristoforo Colombo – è stato solo per manifestare un sentimento a nostro avviso troppo spesso inascoltato. Giungeremo a questo solo se, con la condivisione di Berlusconi, non ci sarà altro modo per riuscirci. Se esistono altre strade, naturalmente, siamo ben lieti di seguirle”.
Costretto a dimettersi dieci mesi fa per la vicenda della casa affacciata sul Colosseo, l’ex ministro torna sulla scena in modo dirompente, dopo aver chiesto al premier un ruolo nel Pdl: al partito come coordinatore al posto del dimissionario Sandro Bondi, al governo con lo spacchettamento delle Attività Produttive affidate a Paolo Romani, al gruppo della Camera in vece di Fabrizio Cicchitto.
La grana era arrivata sul tavolo di Berlusconi con tutto il suo potenziale esplosivo, nascosta dietro l’avvertimento degli scajoliani di essere pronti a formare un gruppo con il potenziale seguito di 23 deputati e 12 senatori. E tutto lo stato maggiore del partito ha avuto contatti con l’ex ministro per cercare una soluzione e tentare di sminare il terreno: da Cicchitto a Gasparri, da La Russa a Matteoli, in un giro di contatti e telefonate si è cercata una soluzione che per ora non c’è.
Al premier, in primis, dopo l’incontro, preme porre immediatamente un argine al malessere generale – legato in gran parte all’imminente rimpasto – ora che anche Scajola con i suoi ha occupato uno spazio nella geografia delle correnti pidielline, come avevano già fatto i fedelissimi di Micciché, i toscani legati a Verdini, gli ex An vicini a La Russa, gli stessi Responsabili, parte dei senatori del Pdl, in una sorta di atomizzazione del partito. Intanto Scajola attacca chi ha fornito del suo incontro ad Arcore “una ricostruzione che non corrisponde alla realtà, e che lo stesso Berlusconi ha immediatamente smentito”, chi “non vuole il bene di Berlusconi, né del Pdl e del Governo, e neppure il nostro (ma questo non è un problema: chi prende una posizione politica si fa anche qualche nemico)”.
E poi parte con un duro j’accuse: “Chi ha avuto la pazienza di seguire la storia personale e politica mia e degli altri amici che hanno dato vita con me alla Fondazione Colombo sa che, da quando esisteva Forza Italia, abbiamo sempre lavorato, per costruire un partito unito, radicato sul territorio, fondato sulla partecipazione e sulla democrazia interna, sul pluralismo delle idee e non delle correnti, su dei valori chiari: quelli che ci hanno consentito di entrare orgogliosamente a fare parte del Partito Popolare Europeo”.
“La stessa cosa vorremmo fosse il Pdl”, ma così non è. La componente che viene da Alleanza Nazionale è rimasta una realtà quasi distinta rispetto a Forza Italia. Sempre leale a Berlusconi, ha saputo mantenere intatta e forte la sua originaria identità. – afferma – Diverso è stato per noi: il glorioso passato di un partito forte come Forza Italia, che ha fatto la storia degli ultimi 15 anni della politica italiana, sembra andare perdendosi. Il risultato è che non si è nemmeno mai giunti alla costruttiva fusione delle due componenti, in nome di un’identità comune, come era nelle speranze di tutti Sono riflessioni che abbiamo posto pubblicamente fin dal seminario di Gubbio organizzato da Sandro Bondi nell’estate del 2009. In molti ci hanno dato ragione, ma non è successo nulla”. Quindi l’aut aut: o il cambiamento, o la via dei gruppi autonomi è imboccata.