TRIPOLI.Anche l’Italia metterà a disposizione del Consiglio nazionale degli insorti (Cnt) di Bengasi, in Libia, 10 istruttori militari, che provvederanno all’addestramento dei combattenti anti-Gheddafi, così come farà la Gran Bretagna.
L’annuncio è stato dato dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa che, in una conferenza stampa a Londra con l’omologo britannico Liam Fox, ha spiegato che la decisione “è stata assunta dopo un colloquio tra il presidente del Consiglio Berlusconi e il premier britannico, David Cameron”. Anche Parigi aveva annunciato poco prima l’invio in missione presso il Cnt di alcuni ufficiali di collegamento. “Tra Italia e Gran Bretagna c’è la comune consapevolezza che occorre addestrare gli insorti, giovani desiderosi di battersi per la libertà, che però non hanno la necessaria capacità”, ha detto La Russa. Si tratta, ha precisato il ministro, di una “decisione paritetica, un passo importante”. “Andremo là dove ci sono le necessarie condizioni di sicurezza per fornire il nostro know-how e aiutare a contrastare un esercito che invece è professionale”, ha concluso La Russa.
L’invio, ha chiarito Londra, rientra nell’ambito dei provvedimenti previsti dalla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza per la protezione dei civili. La decisione, tuttavia, ha scatenato polemiche: il ministro degli Esteri di Tripoli, Abdul Ati Al Obeidi, ha detto che il piano rischia di mandare in frantumi ogni possibilità di soluzione pacifica del conflitto in Libia, ha detto in un’intervista alla Bbc. La presenza militare britannica finirebbe per “prolungare” i combattimenti, ha spiegato il capo della diplomazia libica. Obeidi si è detto favorevole alla road map per la pace proposta dall’Unione africana, che prevede un cessate il fuoco prima di un periodo di governo ad interim per preparare nuove elezioni, sotto l’attenta supervisione delle nazioni unite.
“Pensiamo che una presenza militare sia un passo indietro e siamo sicuri che se saranno fermati i bombardamenti, e ci sarà una vera tregua, potremmo avere un dialogo tra tutti i libici su ciò che tutti noi vogliamo, democrazia, riforme politiche, costituzione, elezioni. Questo non può avvenire con la situazione attuale”, ha detto Obeidi. Il piano di pace, secondo il ministro di Tripoli, sarebbe appoggiato da numerosi paesi, ma non avrebbe trovato consensi in Francia, Gran Bretagna e Italia.
Se cessassero i bombardamenti aerei della Nato, in Libia sarebbe anche possibile che “dopo sei mesi” andare alle urne “sotto la supervisione delle Nazioni Unite”, e non soltanto per elezioni generali, bensì “per qualsiasi questione sia sollevata dai cittadini libici”, compresa il futuro di Gheddafi come leader, ha rilanciato Obeidi, parlando sempre con Bbc.
Mentre continuano i combattimenti sul terreno, in Libia, gli insorti segnano un punto: nel corso degli scontri della scorsa notte in Cirenaica tra le forze di Muammar Gheddafi e i ribelli, questi ultimi sarebbero riusciti ad avere la meglio, avanzando su Brega. Secondo quanto ha rivelato un esponente dei ribelli alla tv araba Al-Jazeera, le truppe della resistenza sono entrate questa mattina nella città portuale in seguito al ritiro dalla zona degli uomini del regime libico. “Quella degli uomini di Gheddafi è stata una ritirata strategica – ha affermato il portavoce ribelle – perché attendono l’arrivo di nuovi rifornimenti prima di attaccarci di nuovo. Ma noi stiamo cercando di mantente le posizioni in città”.
Per spezzare l’assedio lanciato dai lealisti a Misurata, dove ancora oggi si combatte, i ribelli chiedono l’invio di truppe di terra. Uno dei leader dei miliziani che combattono contro il Colonnello, Abdullah Nuri Abdullati, ha esortato Francia e Bretagna ad intervenire via terra sulla base di “principi umanitari”. In precedenza, ha dichiarato Nuri Abdullati, “non abbiamo accettato alcun supporto di terra” delle truppe internazionali, ma “ciò valeva prima che Gheddafi usasse i razzi grad e gli attacchi aerei. Ora, invece, è una questione di vita o di morte”.
Già ieri nella sua visita a Roma, il presidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, aveva chiesto maggiori aiuti alla comunità internazionale, affermando che i raid aerei non sono sufficienti a proteggere i civili libici. Oggi il presidente francese Nicolas Sarkozy ha promesso a Jalil – che si trova oggi in visita ufficiale a Parigi – che i raid aerei contro il regime di Gheddafi verranno intensificati.
Il delfino del raìs, intanto, continua ad ostentare sicurezza e si dice fiducioso sull’esito del conflitto. In un’intervista rilasciata all’emittente televisiva Allibiya, Saif al Islam, figlio di Gheddafi, ha affermato di essere convinto del fallimento inevitabile della rivolta in corso. “Sono molto ottimista”, ha assicurato Saif, “saremo noi che vinceremo. La situazione cambia di giorno in giorno a nostro favore”. Saif ha poi giurato che la volontà del regime non è la “vendetta” contro i ribelli. “Noi non vogliamo uccidere nessuno”, ha ribadito il secondogenito di Gheddafi.