TERAMO.Dopo la foto che avrebbe immortalato l’auto di Salvatore Parolisi a Colle San Marco, dove per gli inquirenti non sarebbe mai andato, i legali del caporalmaggiore dell’esercito riferiscono di un altra prova a favore del loro assistito.
Si tratterebbe di capelli di donna trovati sul corpo di Melania Rea e che non apparterrebbero a lei. Un elemento che favorisce il ritorno della tesi di un killer donna. “La consulenza medico-legale della Procura – affermano gli avvocati Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, legali di Parolisi- racconta che sul corpo della povera Melania sono stati ritrovati più capelli. I primi rilievi dicono che si tratta di capelli di donna ma che molto probabilmente, anche per la lunghezza, non appartengono a Melania”. I due legali si chiedono:”Perchè, prima di arrestare Parolisi, questa fondamentale traccia non è stata analizzata ed esaminata con l’urgenza del caso, tenuto conto anche del Dna femminile ritrovato sotto l’unghia di Melania? Questa evidente lacuna evidenzia un ulteriore macroscopico buco in un’indagine a senso unico sempre più fragile, sempre più ricca di palesi contraddizioni e di tanti, tantissimi dubbi”.
Mai pm di Teramo, Greta Aloisi e Davide Rosati, a cui la procura di Ascoli ha passato l’inchiesta per competenza,oltre ad accogliere in pieno la ricostruzione del delitto dei loro colleghi marchigiani, contestano al militare di Frattamaggiore (Napoli)una nuova aggravante: la minorata difesa, che si aggiunge a quella della crudeltà per le 35 coltellate inferte sul corpo delle giovane donna. Melania si era abbassata volontariamente i pantaloni sotto le ginocchia perché “la vittima era in condizioni di tranquillità, non si sentiva minacciata, né cercava di sfuggire a qualcuno che aveva identificato come un possibile aggressore”, scrivono i magistrati. E proprio quei pantaloni abbassati sarebbere stati letali, giacché le avrebbero poi impedito di sfuggire al carnefice.
Uno dei pm commenta anche la foto scattata da un ragazzo il giorno dell’assassinio sul pianoro di Colle San Marco e che secondo i legali di Parolisi proverebbe la presenza del militare napoletano in quel posto all’ora del delitto e non nella pineta di Ripe di Civitella, dove Melania è stata uccisa: “Quell’immagine l’abbiamo osservata attentamente e io resto dell’idea che sia impossibile identificare la macchina di Parolisi in quell’ombra scura”, dice il magistrato.
Sul materiale genetico rinvenuto nella bocca della donna, la difesa ha arruolato uno dei più quotati genetisti forensi italiani: Emiliano Giardina dell’Università Tor Vergata di Roma. Per l’esperto: “l’affermazione secondo cui il contatto potrebbe essere avvenuto mezz’ora o un’ora prima del delitto non ha alcun fondamento scientifico. In genetica non si sa ancora quanto tempo debba trascorrere perché spariscono le tracce”. Piuttosto, l’attenzione andrebbe spostata sul dna ‘estraneo’ trovato sotto l’unghia di Melania: “E’ lì – dice Giardina – che in genere si trova la firma dell’assassino perché si presuppone che la vittima lotti contro il suo aggressore o che comunque abbia un contatto con lui”. Ma per gli inquirenti la 29enne di Somma Vesuviana non avrebbe lottato.