ROMA. L’inchiesta della procura militare di Roma sui presunti abusi che sarebbero stati commessi dal personale della caserma ‘Clementi’ di Ascoli Piceno – quella in cui presta servizio il caporalmaggiore Salvatore Parolisi, in carcere con l’accusa di aver ucciso la moglie Melania Rea – …
… è svolta anche a tutela delle forze armate, della loro onorabilità. Al momento non ci sono indagati, lindagine è solo allinizio. Ad affermarlo è lo stesso procuratore militare, Marco De Paolis, che ha confermato lapertura di uninchiesta sui fatti accaduti dopo lomicidio Rea, precisando che non si tratta di uninchiesta su Parolisi, ma sui rapporti tra superiori e inferiori allinterno della caserma. In particolare, il magistrato dovrà accertare se vi siano state minacce a un militare di grado inferiore per costringerlo a fare atti contro il proprio volere.
Lindagine entrerà nel vivo nei prossimi giorni, quando saranno chiamate a testimoniare alcune soldatesse che hanno prestato servizio presso la caserma Clementi. La procura militare, infatti, vuole accertare se quelle presunte minacce erano finalizzate a indurre le soldatesse ad intrattenere relazioni o avere rapporti di natura sessuale. Il nostro obiettivo spiega De Paolis è quello di accertare se siano stati commessi reati militari da parte del personale della caserma, ma anche di tutelare le forze armate rispetto ad illazioni che dipingono quel reparto come un luogo in cui avvengono nefandezze di ogni tipo.
Sembra che a spingere il magistrato con le stellette ad indagare sul 235° Rav, luogo in cui si addestrano le soldatesse, siano state le intercettazioni di alcuni colloqui intercorsi tra Parolisi e la sorella Francesca. Ma sai quante cose escono di mezzo, non pensare che ero lunico ad avere qualche contatto così, dice Salvatore. La sorella parla di qualche altro cliente e lui dice: Eh, capito. Mi dispiace che ci abbia rimesso Melania. Nel frattempo, i legali di Parolisi, Valter Biscotti e Nicodemo Gentili, hanno dichiarato che alcune persone che giravano intorno a Parolisi, fin dai primi giorni della scomparsa di Melania, lo spiavano, registrando addirittura le sue parole per poi consegnare in tempo reale il risultato delle loro attività agli inquirenti. E questo, per i legali, sarebbe una palese violazione dei diritti difensivi minimi del loro assistito.
Biscotti e Gentili, nello specifico, fanno riferimento a Gennaro Rea, zio di Melania, che avrebbe registrato alcuni colloqui avuti tra lui e Salvatore.