TRIPOLI. A pochi giorni dal 42esimo anniversario della rivoluzione, il primo settembre, domenica pomeriggio, nel giro di poche ore, ècrollato il regime di Gheddafi in Libia.
I ribelli hanno conquistato Tripoli e catturato tre dei figli del Raìs (Saif al-Islam, il secondogenito e suo erede designato, l’ex calciatore Saadi e il figlio maggiore Mohammad). E gli Stati Uniti subito hanno esortato gli insorti a pensare da subito alla Libia senza il Colonnello, riferisce il dipartimento di Stato. Una folla è scesa nelle strade e nelle piazze di Tripoli per festeggiare la “liberazione” e l’entrata in città parte dei ribelli anti-Gheddafi, che poco dopo le 22 hanno reso noto di essere arrivati nel centro della capitale, sulla grande Piazza Verde, simbolo della rivoluzione del Rais. Secondo il corrispondente di Al Jazeera i ribelli hanno preso il “controllo completo” della base aerea di Mitiga, che in precedenza era stata teatro di scontri con le forze lealiste. L’operazione “Sirena”, la manovra dei ribelli coordinata con le forze Nato e il Consiglio nazionale transitorio (Cnt), è arrivata nel cuore di Tripoli.
Il portavoce del regime, Ibrahim Moussa, dopo che Tripoli è caduta in mano agli insorti, ha detto che Gheddafi è pronto a trattare offrendo un “immediato cessate il fuoco se anche gli insorti si fermeranno”, chiedendo inoltre alla Nato “di fare pressione sul Cnt”. In risposta il capo del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, si è detto pronto a ordinare la fine dei combattimenti a Tripoli e nel resto della Libia se Gheddafi accetterà di lasciare il potere e il Paese. Subito dopo la radio ha mandato in onda un nuovo messaggio del Rais, in cui incita i cittadini a “salvare Tripoli: è una questione di vita o di morte” e ha chiesto agli imam di guidare il popolo. Ma il corrispondente Ansa assicura che decine di mezzi carichi di ribelli si stanno dirigendo verso Tripoli dall’altopiano del Jebel Nafusa dopo aver appreso della resa della Guardia presidenziale e della cattura di Saif al-Islam.
Ci sono “notizie certe” della cattura di Saif al-Islam, ha detto Jalil ad Al Jazeera, assicurando di aver dato istruzioni perché “sia trattato bene, in modo che possa affrontare un processo”. Circa un’ora dopo il portavoce del Cnt, Abubakr Traboulsi, annuncia anche la cattura del terzogenito Saadi, noto perché alcuni anni fa tentò la carriera di calciatore in serie A in Italia ma senza molto successo. Voci anche della cattura del primogenito Mohammad, che però non ricopre cariche politiche.
Nel pomeriggio alcune voci volevano Gheddafi in fuga, ma lo stesso Colonnello in un discorso audio aveva smentito: “Rimarrò a Tripoli fino alla fine, ma ho paura che brucerà”. E chiamava a raccolta i suoi fedeli: “Venite da tutte le regioni per liberare la capitale dai ribelli”.
Durante gli scontri di Tripoli, secondo un bilancio ufficiale sarebbero morte 376 persone tra forze lealiste e ribelli, poi il bilancio è stato portato a 1.300. In precedenza bombe Nato avevano colpito il bunker del rais a Bab al-Azizia, nei sobborghi di Tripoli, e violenti scontri erano scoppiati nei pressi dell’albergo che ospita la stampa straniera.
Nessuna resa. Nessun passo indietro. Gheddafi parlava così ai fedelissimi solo poche ore prima del crollo. “Sono qui a Tripoli, non possiamo andare via”. Il colonnello affermava che “non ci possiamo arrendere, resisteremo fino all’ultima goccia di sangue, sono qui come vi ho promesso”. Ma chiedeva aiuto: “Ho paura che Tripoli brucerà. Venite da tutte le regioni, dobbiamo liberare la capitale dai ribelli”. Con lui anche il figlio Saif, che è apparso in televisione.
Anche Ibrahim Moussa, portavoce del regime, aveva spiegato che non ci sarebbe stata alcuna resa. “Tripoli è ben protetta, abbiamo migliaia di buoni soldati pronti a difenderla da questi ribelli sostenuti e armati dalla Nato”, assicurando che erano migliaia i soldati e volontari pronti a combattere. E accusava gli oppositori di avanzare facendo “esecuzioni, saccheggi, stupri e torture”.
Ma anche la Guardia presidenziale si è arresa quando ha visto che ogni difesa era vana. I ribelli sono poi riusciti a liberare i detenuti politici della prigione di Maya, a 25 chilometri da Tripoli, dopo scontri durissimi con le guardie di vigilanza. Moussa ha dichiarato che nei combattimenti a Tripoli da mezzogiorno sono morte almeno 1.300 persone e 5 mila sono rimaste ferite.
Gheddafi “si arrenda e abbandoni il potere, non ci sono assolutamente alternative”: questa è “l’unica possibilità” per evitare una situazione che “può trasformarsi in un bagno di sangue”. È l’appello lanciato, tramite il Tg1,dal ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini.