Estorsione a Berlusconi, arrestati Tarantini e la moglie

di Redazione

Gianpaolo TarantiniNAPOLI. L’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini,già balzato alle cronache per lo scandalo D’Addario, è stato arrestato a Romadalla Digos di Napoli, in collaborazione con quella capitolina, insieme alla moglie Angela Devenuti, per il reato di estorsione da 500mila euro al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

L’ordinanza di arresto è stataemessa dal gip di Napoli, Amelia Primavera, su richiesta dei pmHenry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli nell’ambito della inchiesta che vede indagato anche l’editore e direttore dell’Avanti, Valter Lavitola.

Secondo gli inquirenti, Tarantini avrebbe ricevuto un compenso per mentire circa la consapevolezza del premier che l’imprenditore avesse portato delle ragazze escort a palazzo Grazioli, residenza romana di Berlusconi. A sua volta Tarantini sarebbe stato vittima di un raggiro di Lavitola, che dei 500mila euro avrebbe trattenuto 400mila per impiegarli in operazioni finanziarie in tutta Italia.

Il presidente del Consiglio nei giorni scorsi ha negato di essere stato vittima di un’estorsione e al settimanalePanorama, che aveva anticipato la notizia dell’inchiesta, ha dichiarato: “Ho aiutato una persona (cioé Tarantini – ndr) e una famiglia con bambini che si è trovata e si trova in gravissime difficoltà economiche. Non ho fatto nulla di illecito, mi sono limitato ad assistere un uomo disperato non chiedendo nulla in cambio”. Anche Lavitola si è detto estraneo ai fatti e pronto a fornire ogni chiarimento all’autorità giudiziaria.

La chiave dell’inchiesta sarebbe la paura di Berlusconi. Tarantini ha sempre sostenuto che il premier non era a conoscenza del fatto che le ragazze ospitate nelle sue dimore romane e sarde fossero state pagate. Ma non sarebbe una bugia per l’imprenditore, che al telefono ripete più volte che “quella è la verità”. Per non cambiare versione, l’imprenditore barese avrebbe comunque ottenuto mezzo milione di euro (di cui solo una parte effettivamente ricevuta) e uno stipendio di ventimila euro al mese che comprendeva spese legali e affitto di un’abitazione al centro di Roma.

Per l’accusa, inoltre, sarebbe stato indotto dai pagamenti a scegliere la strada del patteggiamento nel procedimento sul favoreggiamento della prostituzione in corso a Bari. Un modo per salvare il premier da un altro processo pubblico, con conseguente diffusione di un gran numero di intercettazioni telefoniche dal contenuto hard. Per quanto riguarda un altro procedimento per il reato di detenzione di cocaina, la richiesta di patteggiamento congiunta tra accusa e difesa è stata poi regolarmente presentata lo scorso 21 aprile. Ma il Gip l’ha rigettata. Al termine del processo con rito abbreviato, Tarantini è stato poi condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione.

Al centro delle indagini ci sarebbero cinquanta conversazioni intercettate, tra Tarantini e sua moglie e Lavitola, personaggio che negli ultimi mesi appare e scompare in diverse vicende tra il politico e il giudiziario, dal caso della villa a Montecarlo di Fini alla cosiddetta P4. L’estorsione ai danni del Cavaliere consisterebbe in un versamento di 500 mila euro a Tarantini e di altre somme versate ogni mese per un totale di 20mila euro. Ma il sospetto della Procura è che Lavitola in questa situazione non abbia agito in modo trasparente, trattenendo per sé 400 dei 500 mila euro che avrebbe dovuto veicolare a Tarantini. Una ricostruzione che sembra essere giustificata da alcune telefonate con il direttore dell’Avanti! e di quest’ultimo con diversi suoi collaboratori.

L’ex esponente socialista, dal canto suo, nega di essere latitante, e si dice disposto a “collaborare pienamente” con la Procura di Napoli, specificando anche di non aver mai raggirato il premier Silvio Berlusconi nè di essersi impossessato di “presunte” somme destinate alla famiglia di Tarantini. In una dichiarazione, Lavitola spiega: “È passata sui media la notizia che sono latitante. Non è vero. Sono all’estero per lavoro da prima che Panorama consentisse di esercitare i diritti di informazione dell’indagato mediante la pubblicazione del suo scoop. Come è noto alla Procura, buona parte della mia attività lavorativa si svolge all’estero ormai da qualche anno”. Lavitola precisa: “Attendo di definire con il mio avvocato le decisioni da prendere. È mia intenzione collaborare pienamente con la giustizia per chiarire la questione. Infine, ribadisco con forza che non mi è mai neppure passato per la testa di raggirare il presidente Berlusconi, né di impossessarmi di presunte somme destinate ad una famiglia in difficoltà”.

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