ROMA. La Chiesa non governa, non fa i governi e nemmeno li manda a casa. Queste le parole pronunciate questa mattina dal segretario generale della Cei monsignor Mariano Crociata, presentando le conclusioni del Consiglio episcopale permanente.
Il riferimento è ovviamente alle polemiche dei giorni scorsi seguite alle parole del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, il quale aveva parlato di un cambiamento radicale nella classe politica e di un enorme bisogno di purificare laria.
Le parole di Bagnasco avevano creato confusione, al punto che molti, soprattutto laicisti, le avevano interpretate come una richiesta di dimissioni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Ognuno ha la responsabilità delle affermazioni che fa nel dibattito ha spiegato Crociata Se qualcuno ha ritenuto che il presidente della Cei volesse chiedere le dimissioni di Berlusconi, allora questa è una sua conclusione che va al di là della realtà: attribuire unintenzione del genere alla prolusione è del tutto fuori luogo.
Intanto, le dichiarazioni di Crociata sono servite anche per placare le polemiche nel Pdl: Le parole di Crociata non solo chiariscono il senso della prolusione del cardinale Bagnasco mettendo fine alle tante indebite speculazioni di questi giorni, ma soprattutto mettono in mora tanti laicisti evidenziandone le contraddizioni e lipocrisia. ha commentato Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato Se, infatti, linterpretazione del discorso del cardinale Bagnasco fosse stata quella che tanti strumentalmente hanno voluto accreditare, attribuendogli addirittura una richiesta di dimissioni del presidente del Consiglio continua Quagliariello davvero si sarebbe trattato di uningerenza inedita nella storia dItalia, contro la quale i paladini della laicità dello Stato avrebbero dovuto protestare anziché compiacersene in virtù del destinatario alla quale sarebbe stata rivolta. Il paradosso della forzatura che si è tentata conclude Quagliariello è che sia la Chiesa a dover difendere i principi della laicità dello Stato contro chi per mera convenienza li ha messi in discussione.