CALTANISSETTA.Nuovo filone di indagine sulla strage di via D’Amelio che portò alla morte del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta.
Riguarderà il “colossale depistaggio”, come lo ha definito il procuratore Sergio Lari, che venne organizzato dagli apparati investigativi e dai servizi segreti attraverso la manipolazione delle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino. Oltre a chiedere la revisione del processo per sette dei condannati all’ergastolo con sentenza definitiva, la Procura di Caltanissetta ha deciso di stralciare la posizione di tre poliziotti, che facevano parte della squadra guidata dal questore Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, ora indagati per calunnia.
Il gruppo avrebbe costruito una falsa verità sugli organizzatori e sugli esecutori dell’attentato che non ha retto alle diverse indicazioni date dagli ultimi due collaboratori Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, a quel tempo uomini di fiducia del boss Giuseppe Graviano.
Scarantino sarebbe stato indotto ad accusarsi di essere l’autore del furto della Fiat 126 imbottita di tritolo esplosa in via D’Amelio. Le sue dichiarazioni depistanti sarebbero state “suggerite” dagli stessi investigatori che avrebbero anche “taroccato” un verbale del 1994. Agli atti dell’inchiesta sono finiti alcuni fogli con le annotazioni di un poliziotto che avrebbe imboccato Scarantino alla vigilia dei suoi convulsi e contraddittori interrogatori in aula nei sette processi celebrati sulla strage.
Degli investigatori sotto inchiesta sono finora trapelati i nomi di Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera. Facevano parte del pool coordinato da Arnaldo La Barbera, Nella stessa squadra lavorava Gioacchino Genchi che, non condividendo tecniche e modalità investigative, ne uscì dopo una polemica interna.