ATENE. Con lo sciopero di 48 ore cominciato mercoledì mattina, le manifestazioni di protesta dei lavoratori greci contro le misure di austerità varate dal governo socialista di Giorgio Papandreou e contro il multi-disegno di legge che giovedì sarà votato dal Parlamento, raggiungono il loro culmine.
In giornata sono previste diverse manifestazioni di piazza ad Atene e nelle maggiri città del Paese Questo sciopero generale – il quinto dall’inizio dell’anno e il secondo di 48 ore da giugno – è considerato il più vasto dopo la caduta del regime dei colonnelli (1974) ed arriva a paralizzare completamente il Paese dopo due settimane in cui si sono succeduti già decine di scioperi settoriali. Tutto è fermo: scuole, ministeri, banche, uffici postali, ospedali, studi professionistici, supermercati, panetterie mentre sono tornati a lavorare i giornalisti di radio, tv e quotidiani. Il consiglio direttivo della Confederazione Nazionale del Commercio di Grecia (Esee) ha deciso la chiusura, per oggi, di tutti i negozi del Paese.
Anche i distributori di benzina resteranno chiusi in segno di protesta per le misure economiche del governo. Fermi anche i traghetti da e per le isole, i voli nazionali e internazionali e i controllori di volo che però si astengono dal lavoro solo per 12 ore, dalla mezzanotte di martedì fino a mezzogiorno di oggi. Come già altre dicasteri nei giorno scorsi, anche il ministero della Giustizia è da questa mattina occupato dagli impiegati del sistema carcerario. In un comunicato sostengono che “la situazione nelle carceri ha raggiunto livelli molto pericolosi perchè che manca il personale in tutti i reparti che in certi casi raggiunge il 60% del necessario”.
Anche le guardie carcerarie hanno annunciato la loro adesione allo sciopero generale indetto dai due principali sindacati greci – Gsee e Adedy – e nello stesso tempo hanno proclamato una agitazione di 24 ore per venerdì 21 ottobre. Durante lo sciopero non saranno permesse le visite ai detenuti da parte dei parenti o dei loro avvocati. Allo sciopero di oggi e domani, oltre i dipendenti del settore dei trasporti pubblici, partecipano anche i proprietari di taxi perché il nuovo disegno di legge presentato dal ministero dei Trasporti non li soddisfa e chiedono al governo di ripristinare le legge precedente che prevedeva che il numero delle licenze per i taxi fosse collegato al numero degli abitanti di una determinata area geografica.