Trattativa Stato-Mafia, Brusca: “Iniziò dopo attentato a Falcone”

di Redazione

Giovanni BruscaPALERMO.“Totò Riina mi parlò del papello e della trattativa, per la prima volta, certamente prima della strage di via D’Amelio”.

A ribadirlo, deponendo al processo per favoreggiamento aggravato alla mafia all’ex generale dei carabinieri, Mario Mori, è il pentito Giovanni Brusca. Il collaboratore che, correggendo una prima versione, aveva già anticipato la trattativa ai giorni che intercorsero tra l’eccidio di Capaci e quello di via D’Amelio, ha voluto aggiungere nuovi particolari sul punto e ha chiesto ai giudici di tornare sul banco dei testimoni.

Questa è la cronologia dei fatti ricostruita da Brusca: Riina, tra fine giugno e inizi luglio del 1992, a margine di un summit di mafia a casa del mafioso Girolamo Guddo gli avrebbe detto che “lo Stato finalmente si era fatto sotto e che lui gli aveva dato un papello con una serie di richieste scritte”. Successivamente Brusca e il capomafia corleonese si sarebbero visti in un’altra occasione per programmare un duplice omicidio ma non sarebbero tornati a discutere del papello. Il 16 luglio del ’92, tre giorni prima dell’omicidio di Borsellino, Brusca avrebbe incontrato il boss Salvatore Biondino che gli avrebbe accennato ad un “lavoro da compiere”.

Il pentito avrebbe poi capito che si riferiva alla strage di via d’Amelio. Sempre in quella occasione, Biondino gli riferì da parte di Riina di sospendere i preparativi di una serie di attentati progettati a politici come l’ex ministro Calogero Mannino. Infine, Brusca ha ricordato di avere rivisto Riina a metà agosto del ’92. Il pentito ha voluto ricordare la scansione temporale di quei mesi a riprova del fatto che di trattativa si parlò prima dell’eccidio di via D’Amelio. In occasione dell’incontro di agosto, a cui erano presenti anche i boss Vincenzo Sinacori e Leoluca Bagarella, sarebbe venuta fuori l’esigenza “di dare un altro colpetto per far tornare qualcuno a trattare”.

Collegato in videoconferenza per rispondere alla quarta sezione del Tribunale, presieduta da Mario Fontana, Brusca ha anche citato per la prima volta Gaspare Spatuzza, collaborante sulla cui attendibilità i magistrati non sono unanimi. In particolare, ha detto che Spatuzza gli riferì del fallito attentato allo stadio Olimpico, programmato per il gennaio del 1994, e gli disse che doveva essere “una vendetta nei confronti dei carabinieri che ci hanno preso in giro”.

Brusca ha sostenuto di aver saputo sempre da Spatuzza che l’autobomba era stata preparata per causare un alto numero di vittime, e imbottita di bulloni e pezzi di ferro che con l’esplosione sarebbero stati sparati come proiettili nel raggio di decine di metri. Il pentito non ha specificato quando ha ricevuto queste confidenze da Spatuzza, anche se ha puntualizzato che fu sicuramente dopo il 1994 perchè dell’attacco all’Olimpico non aveva alcuna conoscenza. L’autobomba, una Lancia Thema, era stata effettivamente collocata allo stadio, ma non scoppiò per un difetto del telecomando che avrebbe dovuto innescare la deflagrazione.

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