CASERTA. Una fredda serata di novembre non ha impedito ad amici e collaboratori, dal Questore di Caserta Guido Longo ad appassionati del lavoro del giudice Raffaello Magi di invadere la libreria Quarto Stato di Aversa …
… per la presentazione della sua prima opera Dentro la Giustizia, edito dal lancora del mediterraneo. Grazie anche alla sapienza divulgativa di Vito Faenza, firma délite del giornalismo italiano, che ha operato nelle più prestigiose redazioni, questo incontro con il giudice del processo Spartacus è risultato essere interessante e piacevole allo stesso tempo, cosa difficilissima se un libro tocca un tema come la camorra ed ancora più inaspettato se visto attraverso gli occhi di un magistrato.
Dentro la Giustizia,tra le varie pubblicazioni di giornalisti, pubblici ministeri, o vittime delle atrocità della mafia casertana nel momento storico dellascesa dei Casalesi, rappresenta il punto di vista che mancava. Quello di un giovane magistrato di Santa Maria Capua Vetere, Raffaello Magi, che si troverà ad affrontare una sfida titanica, un maxiprocesso che passerà agli annali come un colpo inferto alla mafia casertana paragonabile solo a quello relativo a Cosa Nostra realizzato da Falcone e Borsellino.
Un viaggio nella memoria di un uomo che si cela dietro al palco, ma che è assoluto protagonista della scena giudiziaria in terra di camorra. Nel racconto delle varie tappe, al lettore sembrerà di rivivere il processo attraverso gli occhi di questo magistrato, mai retorico, mai autocelebrativo, che preferisce anteporre i fatti e soprattutto i principi giuridici alla sua persona. 140 pagine che si leggono tutte dun fiato. Anche se questo può tranquillamente rappresentare un compendio delle regole e procedure da adottare per i giovani magistrati, è scritto in una forma così semplice e scorrevole che lo rende accessibile a tutti.
Gli eventi procedurali si intersecano con la vita personale del giovane Raffaello. La sua ammirazione per il modo di portare la toga di suo padre in quel di Eboli, con una sacralità che oggi non è più contemplata, ma anche lodore del pericolo ed infine labbattimento, come alla morte del procuratore Nicola Giacumbi negli anni delle Br. Le storie personali, tuttavia, sono ben intrecciate al racconto storico di quegli anni di incessante lavoro. Un processo in cui emerge forte il ruolo del magistrato di diritto, non giustizialista ma primo garante dei diritti degli imputati e del principio della presunzione dinnocenza.
Il processo, iniziato dalle dichiarazioni di Carmine Schiavone, il primo pentito, cugino di Sandokan, riguarderà 608 imputati e caratterizzeràsette anni della vita del magistrato. Magi deve come prima cosa scontrarsi con le difficoltà nellindividuazione della filiera camorristica e delle sue ramificazioni. Lunico modo in cui ciò può essere fatto è attraverso la penetrazione nel contesto dove queste associazioni operano, esaminare i luoghi, leggere le impressioni negli occhi della gente, chiamare alla sbarra anche membri della società civile per contestualizzare i fatti e gli imputati. Ci immergiamo, quindi, nella storia della mafia casertana attraverso il percorso che parte da Bardellino fino allaccordo traballante Schiavone-Bidognetti a seguito dellomicidio di Vincenzo De Falco, fissando come punto cruciale per il risveglio civile e istituzionale, lomicidio di don Peppe Diana il 19 marzo 1994. Quella che è stata la Capaci o la via dAmelio in Terra di Lavoro ha acceso i riflettori delle istituzioni e ha come paradosso reso fragile il ruolo dei camorristi.
In questo processo emerge, inoltre, tutta lumanità di Magi. Umanità della quale fa partecipe il lettore. Il magistrato non si scinde dalluomo che quando deve scendere in campo si sente tremare un po le gambe e che pensa più volte non ce la faremo mai . Non ce la possiamo fare, quando un tribunale dimenticato si vede assegnare un processo di quelle dimensioni. Non ce la possiamo fare quando in un processo di quella lunghezza, in cui solo lascolto di Dario De Simone, Franco Di Bona, Giuseppe Quadrano dura un anno e negli ambienti giudiziari già si parla di inefficienze e perdite di tempo. Non ce la faremo mai, quando molte cose non dipendano direttamente da chi sta svolgendo il proprio lavoro.
La composta autorevolezza del libro si legge sul volto placido ma emozionato del giudice che, con in braccio il suo figlioletto, risponde garbatamente alle domande dei presenti come se si parlasse tra amici. Ribadisce la volontà di aver dato vita allopera per lasciare una testimonianza tangibile del proprio bagaglio di esperienze accumulato in questo periodo ma anche per rendere una forma di divulgazione alla società la più credibile possibile.
Un ultimo pensiero riguarda la fuga di magistrati dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, cinque pochi giorni fa. Magi sostiene che il problema non sia il trasferimento richiesto dai suoi colleghi, ma le mancate richieste di assegnazione al tribunale sammaritano, ed in tal senso bisognerebbe porsi delle domande.
Lultima riflessione la facciamo su un concetto più volte ribadito da Vito Faenza, uno dei maggiori conoscitori di storie di mafie, che ha denunciato lassenza di modelli credibili nel casertano. Molti giornalisti, come anche magistrati, si limitano a denunciare il malaffare di questi territori, molto spesso anteponendo il loro protagonismo alletica, per poi andare via, abbandonando a sé stessa la popolazione. Il vero simbolo, invece, a cui il giovane fa riferimento, è colui che fa il suo lavoro con dedizione, lo fa tra la gente e il suo esempio testimonia la volontà di cambiamento e laffrancamento dalla camorra. Per noi questo è ciò che rappresenta Raffaello Magi.