PALERMO. Agevolata dai numerosi arresti che avevano portato la maggior parte degli avversari storici dietro le sbarre, la nuova cupola si stava ricostruendo.
Gli scappati, ovvero coloro che nella sanguinosa guerra di mafia degli anni 80 erano stati costretti dai corleonesi di Totò Riina allesilio negli Stati Uniti, erano ritornati in Sicilia. E quanto emerge dalla vasta operazione antimafia che, allalba di martedì, ha portato in carcere 36 persone. Per comprendere cosa stesse accadendo basta leggere i cognomi e i rapporti tra vecchia e nuova cupola che si stavano formando. E il caso di Boccadifalco dove comandaGiovanni Bosco, parente di Totuccio Inzerillo,il più anziano uomo donore alla guida di un mandamento, reinserito con il benestare di Salvatore Lo Piccolo quando dominava sulla città. Altro grande ritorno è considerato quello di Alfonso Gambino, inserito nella famiglia di Uditore nonché uomo di fiducia e portavoce di Bosco nelle trattative con gli altri mandamenti, da Porta Nuova alla Noce e Tommaso Natale.
Nel gruppo figurano pure Ignazio Antonino Mannino, uomo donore della famiglia di Torretta e Matteo Inzerillo, nipote del boss Michelangelo La Barbera e dipendente dellAmat, lazienda dei trasporti di Palermo dove ogni tanto si assentava, prendeva unauto di servizio e correva al summit con gli altri boss, compreso quello a Villa Pensabene lo scorso febbraio. Al loro ritorno riferiscono gli inquirenti avevano mantenuto un profilo basso, ma nel frattempo si stavano facendo strada nella cupola. Le operazioni congiunte di polizia, carabinieri e finanza ha spiegato in conferenza stampa il sostituto procuratore di Palermo, Francesco Messineo hanno impedito il ricompattarsi della nuova cupola mafiosa che stava tentando di ricostruire un organismo di vertice unitario.
Obiettivo degli scappati erano gli appalti del tram, tutti i lavori pubblici e soprattutto le iniziative del patron del Palermo calcio, Maurizio Zamparini. Dalla costruzione del nuovo stadio alle assunzioni in un centro commerciale ancora non aperto, fino ai biglietti omaggio per i boss nellarea Vip del Barbera.
Ruolo centrale era ricoperto da una donna, Nunzia Graviano, sorella di Giuseppe, Filippo e Benedetto Graviano, al 41bis per le stragi del 92 e del 93. La donna, residente a Roma, secondo laccusa, ricopriva il ruolo di tesoriere dei clan. Nella sua abitazione, infatti, i boss e gli esattori del pizzo consegnavano i soldi e ripartivano per Palermo. Cosa nostra si stava ricompattando, spiega il procuratore aggiunto, Antonio Ingroia, che ha coordinato le indagini insieme a Ignazio De Francisci.
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