Non è tutt’oro quello dei “compro”?

di Redazione

 SANTA MARIA CV. La diffusione dei cosiddetti “compro oro”, gli esercizi commerciali nei quali avviene la compravendita del prezioso metallo, ha assunto dimensioni colossali in tutta Italia.

Da Nord a Sud non c’è grande centro o piccolo paese in cui non vi sia stato un aumento di tali attività negli ultimi 2 anni che, ha toccato anche il 400% in alcune zone. La Campania e la provincia di Caserta in tal senso non fanno certo eccezione. I motivi che stanno portando alla proliferazione dei compro oro sono presto intuibili. In primo luogo, lo stato di crisi economica generale fa si che sempre più cittadini diano fondo alle riserve aurifere casalinghe in cambio di moneta circolante. Inoltre, l’aumento sensibile del valore dell’oro ingolosisce il privato a vendere anche a semplice scopo speculativo. Tali motivazioni, tuttavia, non sembrerebbero essere sufficienti a dimostrare un boom di tale proporzioni, soprattutto per la Guardia di Finanza che sta compiendo perquisizioni a tappeto in alcune zone ad alta concentrazione degli “acquirenti d’oro”.Dopo diverse segnalazioni ricevute, le Fiamme Gialle hanno riscontrato reati quali truffa, usura, falso, ricettazione e soprattutto si teme il riciclaggio di denaro appartenente alla malavita organizzata.

Uno dei problemi maggiori in tal senso riguarda l’estrema facilità con cui si può intraprendere questa attività. Basta il rilascio dalla Questura della licenza “per commercio in oggetti preziosi” (al di fuori dell’incensurabilità) e l’affiliazione alla Camera di Commercio con apertura della partita Iva. La transazione avviene direttamente tra il compratore, che dovrebbe tenere un registro di carico e scarico per la merce, ed il privato che deve necessariamente esibire un documento d’identità valido. Tuttavia, come sottolineato anche dal presidente dell’Anopo (Associazione Nazionale Operatori Professionali in Oro), Zironi, “qui si tratta di una vera e propria transazione finanziaria, non riguardante beni e, come tale, dovrebbe essere normata. Il compratore utilizza moneta per l’acquisto di un prezioso, ma allo stesso tempo vende valuta in quanto l’oro vene poi fuso e torna ad essere materia prima”.

E’ chiaro, quindi, che andare a ricondurre la tracciabilità di tutta la filiera è impossibile. I soldi provenienti da illeciti possono essere facilmente tramutati in oro acquistato (riciclaggio), così come oggetti di dubbia provenienza possono essere tramutati in denaro (ricettazione).

Seguendo queste direttrici abbiamo fatto un indagine sul territorio sammaritano e sui comportamenti dei gestori dei “compro oro”. In primo luogo, analizzando i punti d’acquisto presenti in città, ne abbiamo contato un numero spropositato rispetto alla popolazione: 13, di questi 10 attivi e 3 si apprestano ad aprire in un mercato che sembrerebbe già saturo. Diversi commercianti non sono sammaritani ed il numero dei punti acquisto si è triplicato solo negli ultimi 7-8 mesi.

Per avere un’idea della portata di questi numeri che in valore assoluto possono non dirci molto, riportiamo le statistiche che hanno indotto la Guardia di Finanza a dar vita ad una capillare operazione in Emilia. A Bologna si contano 140 compro oro su 382.619 residenti, cioè uno ogni 9.565 persone, a Parma il rapporto è uno per 4.684, nella provincia di Piacenza e nel modenese (dove è stata riscontrata infiltrazione della ‘Ndrangheta) è uno su 1.706. Santa Maria, invece, “vanta” un compro oro per ogni 2.544 persone; una quota significativamente alta. Inoltre, nei 10 punti già attivi abbiamo riscontrato diverse irregolarità che, tradotte in termini giuridici, rimandano a parole quali pubblicità ingannevole, frode, falso, ricettazione, e questo solo ad un primo sguardo. Ad ogni apertura di un nuovo esercizio commerciale si promettono valutazioni fuori dal mercato, quali 37-38 euro al grammo d’oro, senza minimamente precisare che si tratta dell’oro 18k in cui nella lega del gioiello deve essere almeno pari a 18 parti su 24 e tale valutazione viene esclusa a prescindere dall’esercente che specula sulla dabbenaggine delle persone. I prezzi a loro volta sono variabili da esercizio ad esercizio, ma non sono chiari. Anche qui il cedente dell’oro non ha informazioni precise e giocando sull’abbassamento del peso dell’oro,viene loro millantato un prezzo d’acquisto superiore ma non rispondente a verità.

Ma abbiamo riscontrato irregolarità più gravi di queste cosiddette “furbizie”. Quella più evidente, nonché banale, riguarda “l’aggiustamento” del peso dei preziosi. Dopo esserci recati con un prezioso di nostro possesso in una gioielleria sammaritana con una bilancia tarata e controllata dagli uffici metrici della Camera di Commercio, viene stabilito che il peso della nostra catenina è 8,30 grammi. Tale peso, che per noi assume i crismi dell’ufficialità, ci è stato confermato solo in quattro dei dieci esercizi, mentre per gli altri 6 abbiamo registrato una differenza che va tra gli 0,1 g addirittura a 2,3 g, con oscillazioni di valore d’acquisto incredibili. Calcolando quale media dei prezzi 25 euro per grammo si va su un bene che dovrebbe essere valutato 207,5 euro; ad da una differenza al ribasso che va da 2,5 a 57,5 euro! E si tratta solo di 8,30 g d’oro, pensiamo a quale possa essere la differenza di valore su una quantità d’oro consistente.

Un secondo aspetto ancora più sconcertante è che 4 sui 10 non hanno chiesto alcun tipo di documento d’identità, anzi alcuni hanno detto che non c’era assolutamente bisogno. Semplice negligenza? Fatto sta che la non identificazione del cliente, sommata al non utilizzo di un registro di carico e scarico, addirittura rende inesistente non solo la compravendita ma anche l’esistenza del bene. In tale situazione identificare il flusso dell’oro è impossibile, e reati quali ricettazione di merci oggetto di furti fino al riciclaggio di proventi della camorra possono facilmente trovare piede. Logica conseguenza è inoltre l’evasione fiscale, altra piaga con cui la Guardia di Finanza romagnola ha dovuto fare i conti nel corso delle sue ispezioni.

Lasciando implicito il fatto che la compravendita dei preziosi dovrebbe essere disciplinata con una materia più rigida e ad hoc, la moltiplicazione dei “compro oro” necessita sicuramente di un maggiore approfondimento specialmente nei paesi di Terra di Lavoro.

Questa nostra piccola indagine non vuole demonizzare di certo coloro che svolgono nel rispetto delle regole e con professionalità tale attività anzi, controlli più serrati degli organi di sicurezza preposti eliminerebbero fenomeni di concorrenza sleale. Inoltre, un intervento repentino eviterebbe la diffusione di quello che in alcuni regioni è già stata identificato quale il nuovo business delle mafie: la compravendita dell’oro.

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