ROMA. “Sono amareggiato e un po’ deluso, ma non smetto di credere e di lavorare per la Lega che ho contribuito a costruire in oltre 25 anni di attività politica”.
Così Roberto Maroni, con un post scritto nella notte sul suo profilo Facebook, risponde ai tanti suoi ‘amici’ che gli hanno manifestato solidarietà dopo il voto sull’arresto di Nicola Cosentino. Lex ministro ha scritto di lavorare per “la Lega degli onesti, la Lega senza intrallazzi nè conti all’estero, la Lega che mi ha conquistato per i suoi ideali di onestà e trasparenza, per i suoi valori etici e per i suoi meravigliosi militanti”. “Grazie a tutti voi, conclude grazie a chi ci sostiene senza chiedere altra ricompensa che quella di vederci lottare senza paura per il nostro grande progetto di rivoluzione democratica: la Padania”.
Parole che cozzano contro la minimizzazione dei contrasti interni al Carroccio fatta dal capogruppo alla Camera (e fedelissimo di Umberto Bossi) Marco Reguzzoni: “Le divisioni sono tutte fantasie”. “Noi eravamo sostanzialmente favorevoli, ma se alcuni deputati avevano dubbi dopo aver letto le carte non abbiamo imposto nulla, lasciando libertà di scelta. Inoltre, che la Lega sia stata decisiva lo dicono i giornali, ma non è vero”, ha proseguito Reguzzoni: “Ci sono state differenze di opinioni ma con una ricomposizione. Nessuno, compreso Maroni, ha contestato la linea di Bossi della libertà di coscienza”.
Negare che la vicenda abbia segnato il Carroccio appare arduo. “Ieri il Parlamento non ha scritto una bella pagina allontanando la politica dai cittadini. commenta il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi Due leghe? Almeno i due terzi dei deputati della Lega hanno votato in una direzione.Bossi ha scelto per la libertà di voto, però gran parte dei leghisti ha votato per far si che la giustizia potesse fare il suo corso”.
Nel frattempo, torna a farsi sentire Antonio Di Pietro che chiede al Quirinale “di dire qualcosa su quanto ha fatto questo parlamento per impedire con voto trasversale l’azione della giustizia. Napolitano è il primo magistrato d’Italia. E’ suo dovere difendere non solo il parlamento ma anche la possibilità di funzionamento della magistratura”.
“Maroni è destinato, come Fini con Berlusconi, a lasciare il partito padronale di Umberto Bossi se vorrà fare politica in nome dei valori politici e morali con cui ha cercato di esercitare il suo ruolo di ministro degli Interni, dalla legalità alla lotta alle mafie”, ha detto Carmelo Briguglio, vicecapogruppo vicario di Fli a Montecitorio.