Afghanistan, soldato Usa fa strage di civili. Obama: “Faremo giustizia&quot

di Redazione

 KABUL. Una carneficina, compiuta a sangue freddo, porta per porta, di donne, bambini di due-tre anni e vecchi, mentre in piena notte dormivano nelle loro case; sangue dappertutto, almeno 16 corpi (17 secondo una fonte) crivellati di pallottole e poi cosparsi di benzina e incendiati.

Questo è accaduto in due villaggi della provincia afghana di Kandahar; questa la scena che si è presentata ai testimoni dopo l’incursione notturna di un soldato americano, o di un gruppo di militari Usa, come accreditato da alcune fonti. Un nuovo macigno sui difficili rapporti fra Stati Uniti e Afghanistan, con il presidente Hamid Karzai che grida all’ “omicidio deliberato”, chiedendo spiegazioni a Usa e Nato.

Una strage con due diverse versioni dei fatti: è opera di un soldato americano in forza all’Isaf, un killer solitario, forse in preda a un esaurimento nervoso, uscito di nascosto dalla vicina base in piena notte e poi riconsegnatosi a essa, dove ora è sotto custodia, per gli Stati Uniti e per la forza di coalizione Nato; il lavoro di un gruppo di soldati americani “ubriachi” che “ridevano” e “sparavano all’impazzata” secondo i testimoni locali, fra i quali un uomo, un anziano del villaggio, Haji Samad. Il quale era fuori casa e che, rientrando, ha trovato i cadaveri di undici membri della sua famiglia, fra cui figli e nipoti. I soldati “hanno versato liquido infiammabile sui corpi e tentato di dare loro fuoco”, racconta in lacrime. Quattro le case “visitate” dall’assassino, nei due villaggi di Alokozai e Garrambai, entrambi nel distretto de Panjwayi, culla ed ex roccaforte dei talebani, a 500 metri da una base Usa.

Secondo quanto invece confermato dal comando Usa, il killer sarebbe un militare solo. Il soldato americano sospettato di aver ucciso 16 civili afghani nella provincia di Kandahar, in Afghanistan, proviene dallo Stato di Washington. Secondo quanto riferito da un ufficiale americano ha agito da solo, lasciando la propria base nel sud del Paese e aprendo il fuoco su famiglie addormentate in due villaggi. Ha aggiunto che è un soldato della Lewis-McChord Base di Tacoma, nello Stato di Washington. Era stato assegnato a una unità per operazioni speciali congiunta di Berretti verdi e Navi Seal, impegnati per la stabilità di un villaggio, allo scopo di migliorare la sicurezza dell’Afghanistan.

Sul luogo del massacro si è precipitato un cronista della France Presse, che ha fornito una preziosa testimonianza di prima mano, che mostra analogie con la descrizione di Samad: “Sono entrato in tre case e ho contato 16 morti, inclusi bambini, donne e uomini anziani”, racconta. “In una delle abitazioni c’erano i corpi di dieci persone, fra cui donne e bambini, che erano stati tutti uccisi e bruciati in una stanza. Un’altra donna invece giaceva morta all’entrata della casa. Sono stati uccisi e bruciati. Ho visto almeno due bambini di età fra i due e i tre anni, che erano stati bruciati”. “In un’altra casa”, in un secondo villaggio, “c’erano quattro persone morte. Ho visto i loro cadaveri stesi in una stanza. Fra loro c’erano due uomini anziani e una donna”. Ci sono inoltre almeno cinque feriti, che vengono curati in una struttura Isaf.

Di “dolore e choc” ha parlato Obama in una telefonata al presidente afghano Karzai., che ha condannato la vicenda senza appello. “Sarà fatta piena luce sui fatti e, nel più breve tempo possibile, saranno assicuratoi alla giustizia i responsabili” ha dichiarato il presidente americano. Ma l’efferatezza del massacro rischia di far precipitare i rapporti, già tesi, fra Kabul e Washington e di far deflagrare l’ostilità popolare nei confronti delle truppe straniere, già esacerbata dal rogo del Corano e da uno stillicidio di episodi di gratuito disprezzo e di civili morti, vittime di azioni militari fuori bersaglio. E ora gli americani temono una nuova ondata di violenze e hanno invitato i concittadini a stare all’erta per possibili rappresaglie. E mentre la Nato assicura che “un’inchiesta è in corso”, sull’identità del militare non esce una parola.

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