Fabio Pisacane, calciatore “modello” troppo presto dimenticato

di Redazione

Fabio PisacaneNAPOLI. In coda, nel traffico cittadino, gettando un’occhiata ai mega poster pubblicitari o ammirando le vetrine di un centro commerciale, non può passare inosservata la foto di un bel giovane protagonista della nuova campagna pubblicitaria di un noto brand di abbigliamento.

L’immagine è accompagnata da una didascalia: “Questi sono i nostri modelli. Fabio Pisacane difensore di calcio…”. Quella del difensore napoletano, classe ’86, sembra una storia tutt’altra che eccezionale, quasi banale da raccontare. Si tratta della vicenda di uno dei tanti i ragazzi che,correndo dietro ad un pallone, sogna di uscire dai Quartieri Spagnoli per approdare al San Paolo. Il suo desiderio si realizzerà solo in parte. Fabio esce dai Quartieri grazie al calcio, ma il suo lavoro lo porterà a calcare i campi fangosi delle serie minori piuttosto che i grandi palcoscenici di serie A.

Più delle luci della ribalta, il grigiore dell’anonimato, almeno fino al 14 aprile 2011. Il difensore, allora in forza al Lumezzane, a tre giorni dal match con il Ravenna, riceve una telefonata dal direttore sportivo ravennate, Giorgio Buffone. Questi si accerta come stia andando il campionato, parla della crisi finanziaria, chiede se i “quattro soldi” che gli corrisponde la sua società potranno bastare per il futuro e…“Insomma Fabio possiamo aggiustare il risultato della partita di domenica?”.50mila euro “puliti” per il disturbo, raccolti nel circuito delle scommesse clandestine. Invece di una combine però, a partire sarà l’inchiesta last Bet. Pisacane, infatti, non solo rifiuta ma: “Stare zitto sarebbe stato lo stesso un reato” e allora denuncia.

Un atto così naturale, in un contesto omertoso e pregno di interessi come quello del calcio, diviene eccezionale, se non rivoluzionario. Per il primo calciatore a denunciare il “sistema malato” ci sono qualche pagina di giornale, diverse pacche sulla spalla e in breve, il silenzio. Dopo mesi, il calcio italiano implode: scandalo scommesse, radiazioni di calciatori e punti di penalizzazione per responsabilità oggettiva alle società professionistiche.

Il business calcio ha bisogno di recuperare credibilità per non perdere sponsor e denari. In questo contesto, Simone Farina, modesto difensore del Gubbio invitato a spartirsi 100 mila euro per “veicolare” l’andamento di un match, denuncia il tentativo di combine. Nasce la”favola mediatica Farina”, la faccia pulita del calcio italiano. Convocazione nella Nazionale di Prandelli, incontro pubblico con il presidente Uefa Platini, ai piedi del podio nella cerimonia del Pallone d’oro per stringere la mano a Messi.

E Pisacane? Cos’è stato del “calciatore giusto” nel momento sbagliato? Fabio continua a correre e sgobbare in prima divisione, ora a Terni. Qui di lui non si sono dimenticati. Molti gli chiedono un autografo per strada, parla nelle scuole, nasce un gruppo su facebook che vorrebbe la realizzazione del suo sogno: indossare la maglia del suo amato Napoli, almeno per un giorno. Il giovane si schernisce davanti ai ragazzini delle giovanili che lo chiamano “eroe”. La sua è stata una scelta normale,un dovere, un moto d’orgoglio perché “Il calcio non è tutto marcio. Tantissimi miei colleghi avrebbero fatto lo stesso”.

Così, un giorno, imbottigliato nel traffico cittadino,ti ritrovi a guardare distrattamente un 6×3 e leggere una scritta che ricorda: “Fabio Pisacane,calciatore. Ha rifiutato 50.000 euro per truccare una partita”. Niente di speciale, direbbe lui.

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