KABUL. “Miei cari americani, abbiamo viaggiato un decennio attraverso le nubi scure della guerra. E ora qui, in Afghanistan, nel buio prima dell’alba, possiamo vedere all’orizzonte la luce di un nuovo giorno”.
Ma subito dopo la partenza di Obama, un attentato suicida effettuato con un autobomba ha scosso il centro di Kabul. L’attacco è avvenuto su Jalalabad road, dove si trovano diverse basi militari straniere, in un compound usato da dipendenti stranieri dell’Unione Europea e dell’Onu. Tutti gli assalitori sono stati uccisi, ha assicurato un portavoce dell’Isaf. Un kamikaze ha lanciato un’autobomba contro l’ingresso del compound, il Green Village, uccidendo cinque civili afghani e una guardia di sicurezza la cui nazionalità non è stata resa nota; poi all’interno dello stesso edificio si sono udite due esplosioni.
I talebani hanno rivendicato l’attacco suicida e detto di aver agito per protesta contro la visita del presidente americano e come ritorsione per la firma dell’accordo strategico tra Obama e il governo del presidente afghano Hamid Karzai. “Oggi un combattente devoto ha condotto con un auto un attacco suicida contro una base militare straniera a Kabul”, ha affermato un portavoce talebano.
Per dieci minuti, in diretta tv, in prime time negli Usa, Obama entra nelle case degli americani, quando in Afghanistan è notte fonda. Lo fa parlando davanti a un podio, posto davanti a due blindati, con tanto di bandiera sullo sfondo. A sorpresa, il Comandante in capo ha deciso di volare in gran segreto in questo Paese straziato da una guerra eterna, oltre dieci anni, scoppiata all’indomani degli attentati dell’11 settembre. Qui ha appena siglato un importante accordo di partenariato con Karzai. Mettendosi alle spalle i problemi e le incomprensioni del passato, Obama ha firmato un testo che certifica l’impegno degli Usa nei dieci anni a venire, quando ci sarà da costruire le istituzioni democratiche afghane.
Poi il presidente ha parlato a 3.200 soldati statunitensi raccolti in un hangar della base aerea, ringraziandoli del loro impegno a favore della pace e della democrazia. Infine, il culmine della giornata, il messaggio alla nazione. Una prosa piana, nessun trionfalismo. Qualcuno si è chiesto se sia stato questo il discorso della vittoria finale, della “Missione Compiuta”.
Ma il premio Nobel per la Pace, l’uomo che riesce a far cessare le due guerre avviate dal suo successore, sa che la lotta per la stabilizzazione del mondo è ancora lunga e faticosa. “So che molta gente è stanca della guerra, ma dobbiamo finire il lavoro iniziato. Battere Al Qaeda è un obiettivo alla nostra portata”. Tuttavia, malgrado la prudenza, il presidente non rinuncia a lanciare un messaggio di speranza e di unità nazionale, e ancora una volta apre ai Talebani, se staranno al gioco e lasceranno la guerra armata.
Nei giorni scorsi, Obama è stato accusato di aver strumentalizzato per ragioni elettorali l’anniversario della morte dello sceicco del terrore. È chiaro da tempo che l’inquilino della Casa Bianca tenta di spostare l’asse del dibattito politico dall’economia ancora zoppicante ai successi contro il terrorismo. E oggi Obama si può dire soddisfatto: mentre il suo avversario, Mitt Romney, portava la pizza ai pompieri di New York, assieme all’ex sindaco della Grande Mela, Rudy Giuliani, lui volava sull’AirforceOne alla volta di Kabul.
Così la visita a Kabul negli Usa, si conclude in tv, con un ricordo alle vittime delle Torri gemelle: “Dopo un decennio di guerre all’estero e di crisi economiche a casa nostra, è tempo di rilanciare l’America, un paese dove i nostri figli possono vivere senza paura e noi possiamo realizzare i loro sogni. Riprendiamoci l’America. Un Paese unito dalla grinta e dalla voglia di farcela, dove la luce torna a brillare tra le nuovi torri di Manhattan. Costruiamo il nostri futuro, uniti, come un solo popolo, una sola nazione. Là è dove è iniziata la guerra in Afghanistan, e quello è il posto in cui finirà”.